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Browsing by Author "Ventura, Alberto"

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    A critical discourse analysis of Vandana Shiva's environmental and normative discourse : social representations and identity of seeds
    (Università della Calabria, 2019-09-18) Pasqua, Marilyn; De Bartolo, Anna Maria; Ventura, Alberto
    Despite globalization claims to benefit all communities around the globe, it ‘provides opportunities only for a global elite’ (Kramsch/Boner 2010). This kind of analysis aims at unveiling the correlations in discourse between language and the environment. Critical discourse analysis can disclose the ways in which language plays a key role in environmental issues both at the local and global levels. One crucial aspect which can be taken into account by critical discourse analysis is that of social representations embedded in hegemonic representational systems and which can be countered by alternative environmental discourses. In the field of discourse analysis, social representations can be considered ‘as constituting, reproducing, challenging and restructuring systems of knowledge and belief’ (Fairclough 1992: 168). This research project focuses on how environmental discourse is shaped to counter the global industrialized modern world in defence of the environment. In particular, the analysis revolved around normative and environmental discourse. Two documents which were written with the intent to regulate seeds and a collection of Shiva’s texts were used as the materials to carry out critical discourse analysis which ultimately focuses on exploiting new discursive representations for a more sustainable environment. Emphasis is specifically placed on how the social reality of ‘seed’ can be reconstructed from a natural environmental perspective. The mixed method research design adopts an interdisciplinary approach which draws on Corpus Linguistics, Critical Discourse Analysis and the Social Representations Theory (Moscovici 2000) to uncover the socio-cognitive communicative mechanisms that contribute to the reconstruction of Shiva’s environmental worldviews within contemporary globalized social reality. In particular, findings show how Shiva constructs and portrays the identity and social representations of ‘seeds’ which is not influenced by the hegemonic dominant discourse and which fosters an alternative practice of environmental discourse. The language of ecology and the discursive constructions featuring Shiva’s counter-discourse are chosen to shape representations or re-representations which allow the audience to picture an alternative social reality of the surrounding environment. Overall, the analysis suggests how Shiva’s discourse is driven by the purpose of preserving the Earth’s natural ecosystem against current hegemonic forces of the contemporary globalized world.
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    I sistemi di codifica nell'era dell'e-Healt: traduzione ed implementazione di LOINC® in Italia
    (2012) Chiaravalloti, Maria Teresa; Guarasci, Roberto; Ventura, Alberto
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    Il fondo Jean Cocteau: metodologia per la codifica in EAD dell'inventario
    (2011) Iozzi, Francesca; Guarasci, Roberto; Ventura, Alberto
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    La comunicazione delle emozioni in una lingua seconda: un'indagine acustico-uditiva
    (2017) Paone, Emanuela; Romito, Luciano; Ventura, Alberto
    La presente ricerca si è posta l'obiettivo di verificare a quali difficoltà andassero incontro apprendenti di italiano di origine russa con un livello di competenza intermedio (B1/B2) in contesti comunicativi che implicassero il ricorso alla prosodia emotiva della lingua target per veicolare e interpretare significati emotivi. Il disegno sperimentale si è articolato in due fasi: la prima relativa alla raccolta e all'analisi del materiale emotivo (encoding), la seconda relativa alla verifica uditiva di quest'ultimo (decoding). In relazione al processo di codifica delle emozioni, l'obiettivo generale è stato quello di analizzare e confrontare le produzioni emotive realizzate da due gruppi linguistici aventi una differente L1 (l'italiano e il russo). ). Nel dettaglio, le produzioni prese in esame sono riconducibili a tre tipologie: a) parlato emotivo in italiano L1, prodotto cioè da parlanti nativi; b) parlato emotivo in italiano L2, prodotto da apprendenti di origine russa, c) parlato emotivo in russo L1, prodotto dai medesimi apprendenti. In secondo luogo, l'obiettivo è stato quello di verificare se e in che misura la L1 degli apprendenti influisse sul parlato emotivo in italiano L2 (ipotesi del transfer prosodico). In relazione al processo di decodifica, l'indagine uditiva è stata necessaria al fine di verificare l'efficacia comunicativa delle produzioni analizzate. A questo proposito sono stati elaborati e implementati due test uditivi rivolti rispettivamente ad un gruppo di 10 apprendenti russi e ad un gruppo di 33 parlanti nativi di italiano. L'obiettivo del test somministrato agli apprendenti era quello di verificare in primo luogo le abilità di decodifica di questi ultimi rispetto alle produzioni emotive realizzate dagli italiani nativi e dai parlanti russi. Per quanto concerne la verifica uditiva rivolta agli uditori italiani, il primo obiettivo è stato quello di stabilire se e in che misura le produzioni emotive realizzate dagli apprendenti in italiano L2 trovassero corrispondenza nei giudizi affettivi espressi dal campione di nativi. In secondo luogo, la ricerca si è proposta di testare la capacità degli italiani nel decodificare le produzioni emotive realizzate in italiano L1 e in russo L1. In relazione alle emozioni considerate, l'indagine si è focalizzata su tre stati emotivi: collera, tristezza e gioia. In una prospettiva dimensionale, si tratta di emozioni caratterizzate da livelli di attivazione, valutazione e potere differenti in grado di incidere 10 sulla variazione dei segnali vocali. Il materiale emotivo è stato elicitato mediante dei dialoghi induttori, tradotti in entrambe le lingue. I dialoghi riproducevano il contesto comunicativo di una telefonata informale tra due amici legati da un rapporto di familiarità e confidenza. Per cogliere le variazioni vocali rispetto all'eloquio normale dei partecipanti, è stato elaborato un dialogo "neutro", ovvero privo di reazioni emotive importanti, in cui prevale invece il carattere informativo della telefonata, che si svolge tra un tecnico e un cliente. L'intenzione comunicativa è stata associata ad una frase bersaglio, la stessa per ogni dialogo. Complessivamente, sono state sottoposte ad analisi acustica 60 produzioni emotive e 20 neutre. I parametri indagati sono stati suddivisi in tre macro-categorie: ritmico-temporali, intonativi e relativi all'ampiezza. Le analisi condotte sui tre corpora hanno restituito risultati per certi versi congruenti con l'ipotesi che l'espressione vocale delle emozioni si fondi su aspetti universali nonché su aspetti specificamente linguistici e culturali. Le produzioni analizzate hanno mostrato una tendenza similare nella modulazione delle risorse prosodiche, tuttavia, sembrerebbe che il fattore "emozione" non abbia influito allo stesso modo sulla variazione dei parametri all'interno di ciascun corpus. Nell'italiano nativo, tutte le produzioni emotive subiscono variazioni significative in termini di durata e di velocità di articolazione, mentre sul piano frequenziale, è l'escursione melodica il parametro maggiormente soggetto a variazioni significative. Anche l'intensità varia sensibilmente in tutte le produzioni emotive. Nelle produzioni realizzate dagli apprendenti in italiano e in russo, i parametri temporali e frequenziali non subiscono variazioni significative, soltanto l'intensità dimostra una certa variabilità. In relazione al parlato emotivo degli apprendenti, i risultati ottenuti lasciano supporre che gli studenti siano riusciti a modulare le risorse prosodiche della L2, tuttavia questa elasticità non si è manifestata in egual misura in tutte le emozioni, per cui in alcuni contesti emotivi la prosodia emotiva della L1 viene utilizzata per sopperire a queste difficoltà. Ad esempio, le produzioni degli italiani si caratterizzavano per una maggiore estensione tonale, variabilità di f0 e intensità, nonché per una velocità di articolazione più elevata. D'altro canto, le produzioni in lingua russa si caratterizzavano per una minore variabilità, soprattutto in termini di estensione tonale, per cui i segnali acustici impiegati dagli apprendenti russi possono essere stati percepiti come poco salienti sul piano comunicativo o aver dirottato il giudizio degli italiani verso altre emozioni. Infatti,i risultati dei test uditivi hanno contribuito a chiarire in che misura le produzioni emotive oggetto di indagine venissero decodificate dai due gruppi di uditori, 11 aventi una diversa L1. In primo luogo, le percentuali di decodifiche corrette ottenute in entrambi i test superano la soglia della pura casualità. Questo significa che le tre emozioni considerate (e l'eloquio neutro) sono state discriminate a prescindere dalla lingua degli encoder. Questo dato è in linea con gli studi precedenti che hanno confermato la capacità degli esseri umani nel decodificare il parlato emotivo anche in una lingua diversa dalla propria (cfr. Scherer, Banse, Wallbott 2001; Scherer et al. 2003; Thompson, Balkwill 2006; Galatà, Romito 2010). Ciò non toglie che, osservando le percentuali ottenute dalle due lingue, non sia possibile cogliere dati altrettanto significativi e coerenti con l'ipotesi che vi siano delle peculiarità linguo-specifiche in grado di spiegare le basse percentuali di riconoscimento e l'elevato numero di riconoscimenti erronei associati ad alcune emozioni. In relazione alle abilità di decodifica degli apprendenti, anche in questo caso il loro livello di competenza (B2) e di conoscenza della lingua e della cultura target ha favorito il riconoscimento di alcune emozioni, come la tristezza e in misura minore la gioia. Tuttavia, gli stimoli presentati nella L1 degli studenti sono stati identificati con percentuali significativamente più elevate. Inoltre, l'alta variabilità dei riconoscimenti erronei lascia supporre che il processo di decodifica abbia destato maggiori difficoltà in italiano rispetto alla loro L1. Considerando i risultati del test uditivo sottoposto al gruppo di italiani, emergono alcune tendenze similari in relazione ai riconoscimenti corretti ed erronei. Tuttavia, anche in questo caso, l'accuratezza nel riconoscimento è significativamente inferiore se si considerano le percentuali totalizzate da ciascuna emozione in Ita L1, Ita L2 e Ru L1. I risultati ottenuti, pur presentando dei limiti, dati principalmente dal numero poco ampio di partecipanti e dall'impiego di materiale emotivo simulato/indotto, vanno forse interpretati in una prospettiva interazionista, che concilia la dicotomia universalità vs. specificità culturale, promuovendo una visione dinamica della comunicazione vocale, sensibile cioè agli aspetti creativi del linguaggio nonché ai vincoli sociali e culturali. In quest'ottica, l'acquisizione di una lingua seconda implica l'accesso a queste peculiarità linguo-specifiche. Per questa ragione, sembrerebbe opportuno riservare nelle pratiche didattiche uno spazio alla comunicazione emotiva e in particolare alla prosodia emotiva della lingua target (cfr. De Marco, Paone, 2016), nonché alle altre componenti non verbali che entrano in gioco nel corso delle interazioni quotidiane con i nativi.
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    La interculturalidad en el pensamento latinoamericano y la creacion de los gobiernos comunales: el caso de la comunidad indigena de Cheran
    (2018) Sanchez Chavez, Eduardo; Ventura, Alberto
    Affrontare il problema della filosofia interculturale nel pensiero latinoamericano serve come punto di appoggio per analizzare una difficoltà presentatasi fin dalla sua nascita, e si tratta della difficile convivenza tra culture e popoli diversi nel continente, poiché la stessa costituzione del pensiero latinoamericano manifesta un legame strutturale con la questione interculturale. I contributi e le riflessioni che l’interculturalità, e in particolare la filosofia interculturale, possono fornire per rispondere concretamente a questo problema, sono per condurre una serie di analisi sui principi e le condizioni in cui questa convivenza si realizza concretamente. Allo stesso tempo, l’analisi dei principali limiti e sfide della filosofia interculturale nell’attuale pensiero latinoamericano, ci consente di affrontare questioni come l’autonomia e la formazione dei Governi Comunali dei Popoli e delle Culture Originarie basate sulla loro saggezza, le loro conoscenze ed esperienze, molte di queste ancestrali. La sfida interculturale è proposta alla filosofia latinoamericana dalle sue origini, cioè non è un’istanza esterna ad essa, ma uno dei suoi ultimi risultati, ed è per questo motivo che è urgente cercare di assumerla, salvarla e promuoverla. Per svolgere questo compito, non possiamo ignorare il problematico contesto globale che non solo influenza e condiziona la convivenza e le relazioni tra i popoli e le culture, ma 2 aggredisce e distrugge le loro vite. L’imposizione di un sistema economico-politico e sociale neoliberale, la creazione di stati-nazione che omogeneizzano e distruggono la diversità culturale del territorio, la condizione storica di continuare ad essere condannati a subire le conseguenze del colonialismo senza fine sono alcuni dei problemi che ci siamo proposti di analizzare e criticare in modo generale per proporre, da altri contesti culturali non-occidentali, pratiche politiche, economiche e sociali che privilegino la vita di tutti gli esseri umani e che proteggano la natura, giacché questa non rappresenta solo la conditio sine qua non per la vita di tutte le culture ed i popoli del mondo, ma rappresenta anche simbolicamente, per molte culture non-occidentali, la madre di tutti noi. Gli strumenti di analisi e contributi filosofici di Raúl Fornet-Betancourt, Luis Villoro e Enrique Dussel, sono utili per capire la critica della filosofia interculturale latinoamericana che si è dedicata ad escludere e dare valore ai pensieri, le idee e le visioni del mondo dei Popoli e le Culture Originari del continente, contributi che possono aiutare nella creazione di relazioni e pratiche giuste, solidali e umanizzanti. La sfida lanciata dalla filosofia interculturale è stata accettata da questi autori, che mettono in discussione radicalmente la concezione attuale della filosofia della cultura e richiedono la stessa riconfigurazione della ricerca filosofica. L’accettazione della sfida interculturale richiede, fra le altre cose, affrontare queste premesse: distruggere il mito della modernità occidentalo-centrica, riscrivere la storia moderna con la partecipazione ed i diversi approcci storici di tutte le culture e popoli del mondo ed eliminare tutte le idee e le pratiche di discriminazioni, alienazione e dominazione che cercano di distruggere la participazione in un dialogo pacifico, giusto e dignitoso tra culture e popoli per contribuire a una riconfigurazione del nostro modo di pensare e riconoscere “l’altro”, non più come un “altro”, ma come parte di noi stessi. 3 Il lavoro si sviluppa partendo da un contesto concreto, com’è del resto la realtà latinoamericana e più specificamente dalla realtà messicana, che presenta una diversità culturale che è stata ignorata, violata e, in alcuni casi, quasi distrutta dai centri del potere politico, economico, sociale, scientifico e filosofico. Abbiamo avuto il bisogno di iniziare la nostra analisi affrontando il problema dell’identità, dell’originalità e dell’autenticità del pensiero latinoamericano, prima di affrontare il tema del pensiero dei popoli e delle culture originali, che non risponde a un pregiudizio, ma perché questo non viene alla luce fino a quando il pensiero latinoamericano non viene interrogato sulla sua autenticità e originalità da parte dell’Europa, e per questo che si pone la preoccupazione di cercare le fonti o le radici del pensiero latinoamericano. In questa ricerca di approfondimento sulle fonti del pensiero latinoamericano, che ci fa trovare faccia a faccia con la saggezza e il pensiero dei Popoli e le Culture Originali, che erano sempre state lì, incontrandosi e, nello stesso tempo, scontrandosi, con il pensiero latinoamericano. L’analisi degli incontri e disaccordi di questi due pensieri, ci permette di evidenziare l’importanza del “contesto” nell’origine delle idee, pensieri, epistemologie e cosmovisioni di popoli e delle culture, non solo dall’America Latina, ma dal mondo. Il contesto particolare, autentico e originale dell’America Latina è un fattore determinante nella creazione di qualsiasi conoscenza, pensiero o idea che il pensiero latinoamericano intenda universalizzare, poiché se il contesto viene a mancare, tutto rimarrà in una semplice illusione. Nell’analisi del contesto multiculturale messicano, affronteremo la questione della coesistenza e della relazione che detiene la comunità indigena di Cheran con il governo messicano, allo stesso modo analizzeremo come le loro idee, i pensieri, la saggezza e la visione del mondo determinano le loro pratiche ed i loro principi di buon governo. Lo Stato messicano 4 era costituito come un’entità omogenea, che in teorie diceva di rispettare la sua ricchezza culturale dando una certa autonomia alle culture e ai popoli che abitano il territorio, ma in pratica cercava di imporre un’unica idea di cultura come base ed essenza della loro identità. I popoli e le culture come Cherán hanno sempre richiesto, come giusto che sia, non solo un riconoscimento concreto e reale nella vita nazionale, ma anche la loro partecipazione al processo decisionale in un progetto di nazione multiculturale. Le richieste di queste culture e popoli non sono motivate ad ottenere potere politico, ma sono motivate dalla loro idea di “fare comunità”, come l’hanno sempre immaginata, e che riconfigura il senso umano della pratica politica e il loro sviluppo e concrezione nella formazione di un Stato plurale. L’esperienza di vita, e in particolare l’esperienza politica della Comunità P’urhépecha di San Francisco Cherán, che privilegia la vita comunitaria di tutti i suoi membri, è un esempio diretto della possibilità di elaborare una forma di coesistenza fondata sullo stesso valore autentico e originale della comunità umana. Le comunità indigene come la Comunità di Cherán chiedono il loro legittimo diritto all’autodeterminazione, alla giustizia culturale e alla partecipazione alla vita politica e democratica dello Stato. È necessario dire che molte comunità indigene dell’America Latina non cercano di chiudersi al mondo, ma cercano di vivere liberamente e con dignità senza subire alcuna pratica di imposizione, dominio e discriminazione. Il modo di affrontare la vita, come lo esprime la Comunità di Cherán, appoggiata sulla idea-guida di “fare comunità”, non rappresenta una posizione teorica, bensì un’esperienza di vita che viene creata e ricreata nella stessa vita quotidiana, e allo stesso tempo critica e dirige nuove relazioni umane basate sui principi e valori che sono prodotti in un processo orizzontale di insegnamento-apprendimento dialogico. La Comunità di Cherán non cerca di essere un esempio da seguire come dice uno dei suoi portavoce, ma cerca di ispirare l’umanità a prevenire le 5 pratiche che minacciano la vita umana e la natura. Ecco perché crediamo che nel contesto attuale sia importante fare un’analisi approfondita delle pratiche e delle esperienze politiche della Comunità di San Francisco Cherán, infatti dopo sette anni di esperienza autonomistica, i risultati sono molto significativi e rappresentativi per la vita, non solo della Comunità, ma dell’intera regione. Le condizioni nuove e le opportunità per queste popolazioni e per queste culture si stanno offrendo loro grazie all’instancabile lotta di altri indigeni che avevano una visione, quasi sciamanica: sembra che stia arrivando il tempo della riscossa e dell’effettiva partecipazione politica per le comunità indigene in America Latina.
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    La politica granaria di Roma imperiale: la Gallia come modello metodologico
    (Università della Calabria, 2014-11-25) Bonacci, Lucia; Givigliano, Gian Piero; Ventura, Alberto
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    La protestantizzazione dell'Islam Europeo: un'analisi socio-teologica delle forme della religiosità diasporica musulmana in Italia e in Francia
    (2011) Fedele, Valentina; Jovelin, Emmanuel; Ventura, Alberto
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    La questione della ta'ifiyya nello Stato nazionale sirianostoricizzazione e ruolo dei legami comunitario-confessionali nel contesto politico
    (2014) Zecca, Valentina; Ventura, Alberto
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    La scienza delle lettere ('ilm al-huruf) nell'Islam: dalla tradizione classica all'Unmudag al-farid di Ahmad al-'Alawin (1869-1934)
    (2017) Mayerà, Gustavo; Ventura, Alberto
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    Le débat philosophique et politique sur la Constitution tunisienne
    (2019) Scigliano, Manuelita; Ventura, Alberto
    La ricerca nasce da una tesi di fondo: che esista, in seno alla società tunisina, un dibattito profondo sul senso e il valore dello stato, sulla possibilità di conciliare islam e democrazia e sull’universalità dei diritti umani, che si organizza e si è organizzata intorno al dibattito sulle costituzioni. Due sono le ipotesi di partenza, da un lato che questo dibattito non si sia limitato, negli anni, al solo campo del diritto costituzionale e della filosofia del diritto ma che abbia investito tutta la società, nel suo processo di auto-rappresentazione, e anche il discorso religioso. In secondo luogo, l’altra ipotesi è che questo dibattito, e l’esperienza del compromesso attraverso il consenso, Tawafuk, sebbene abbia solide radici nel contesto tunisino, possa essere un ottimo strumento per analizzare le vicende di tutto il mondo musulmano contemporaneo. Esiste senz’altro un’eccezionalità tunisina, che non è però un arab anomaly, ma una possibile soluzione, specifica e particolare a un problema globale. La risposta tunisina è una delle risposte possibili a una problematica ben più profonda, e a un dibattito ben più esteso, che riguarda la grande Fitna in seno all’Islam contemporaneo, fra l’islam come ortoprassi e l’islam del foro interiore, fra l’islam standardizzato dai discorsi estremisti e estremizzanti e la ricchezza e la varietà dell’islam storico e dell’islam come religione complessa e multiforme. La tesi ha un approccio multidisciplinare con un prevalente sguardo storico/filosofico, per la comparazione fra i tre momenti costituzionali e il tentativo di far emergere un filo conduttore a livello dei ‘fondamentali’ che il problema della modernità, nell’islam e dell’islam, ha affrontato. Nella tesi emerge chiaramente come due degli ingredienti segreti della cosiddetta “eccezione tunisina” siano da un lato la grande importanza che hanno avuto gli incontri con l’altro, l’imitazione ma anche il confronto in epoca precoloniale con le teorie e la tradizione occidentale, ma dall’altro il continuo interrogarsi, in maniera critica, delle elite locali sul bagaglio di tradizioni arabo-musulmane e sulla loro evoluzione storica. Ampio spazio è stato dato, nel lavoro di ricerca, alla disamina del ruolo delle elite straniere nel processo di modernizzazione del paese, vengono evidenziati le importanti relazioni fra Italia e Tunisia e il ruolo complesso che ebbe la colonizzazione francese, di stimolo ma anche di freno e ostacolo, a una riflessione indipendente sul diritto, lo stato e la democrazia. Quello che emerge è però soprattutto il cammino autonomo della Tunisia, la lenta costruzione di un popolo, di cittadini in grado di interpretare, discutere e di porre a fondamento della morale civica e delle scelte giuridiche, l’Insan, l’uomo. La nuova Costituzione del 2014 riesce nel tentativo epocale di riconciliare la tradizione musulmana con quella laica del paese, portando a compimento un processo iniziato nel XIX secolo, ma in parte anche prima. Nel dibattito attuale sull’Islam e la modernità, tre vie sembrano presentarsi ai musulmani: quella del salaf, il ritorno alle origini, per cercare la risposta a problemi contemporanei nel bagaglio a-storico di valori assoluti. Questa via però apre la strada a un islam senza compromessi, ideologizzato e manipolato da forse politiche fondamentaliste. Un’altra strada è quella di ritornare a un islam culturale, l’islam delle tradizioni sufi, popolari, tollerante, aperto all’evoluzione storica e sociale. La terza via è quella della laicizzazione radicale, accusata di occidentalizzazione o meglio di occidentalite. La Tunisia ha mostrato una quarta via: scegliere uno Stato civile, laico, per un popolo musulmano, optando per un Islam intimo e privato.
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    Le reti sufi tra domanda di santità e ricerca dei propri valori nell’Albania contemporena
    (Università della Calabria, 2016-11-28) Bria, Gianfranco; Ventura, Alberto; Clayer, Nahtalie
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    MNEMO: una metodologia combinata per l'acquisizione e la modellizzazione della conoscenza delle organizzazioni
    (Università della Calabria, 2012-11-30) Guaglianone, Maria Teresa; Guarasci, Roberto; Ventura, Alberto
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    Organizzazione multimedimensionale della conoscenza nel dominio dell'efficienza energetica e dell'applicazione delle fonti rinnovabili negli usi finali civili
    (2011) Folino, Antonietta; Ventura, Alberto; Guarasci, Roberto
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    Perceiving nature through travel promotion texts: a corpus-based discourse study
    (2011) Ruffolo, Ida; Argondizzo, Carmen; Ventura, Alberto
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    Persuasion in the courtroom: a critical discourse analysis of prosecution and defense closing arguments in the Jodi Ann Arias case and the O. J. Simpson case
    (Università della Calabria, 2016-11-25) Rizzuti, Daniela; Fazio, Alessandra; Ventura, Alberto
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    A philosophy of radical politics : revolutionary gnosticism and the case of Salafi-Jihadism
    (Università della Calabria, 2020-06-04) Arrigo, Giacomo Maria; Jedlowski, Paolo; Ventura, Alberto; Nawas, John
    L’analisi del fenomeno jihadista si è sovente soffermata su questioni geopolitiche e militari, e quindi prettamente empiriche. La presente tesi, invece, studia il salafismojihadismo, cioè l’ideologia di gruppi come al-Qāʿida e l’autoproclamato Stato Islamico, in un’ottica inedita, adottando la categoria filosofica di gnosticismo rivoluzionario elaborata da Eric Voegelin, Augusto Del Noce e altri importanti pensatori. Le peculiarità di una simile categoria richiede una attenta definizione dei termini in questione. E così la prima parte della tesi è dedicata allo studio della letteratura sul tema dello gnosticismo rivoluzionario, senza tralasciare una comparazione con la gnosi antica del II secolo d.C., a proposito della quale non è possibile parlare di mera equiparazione né di derivazione genetica, arrivando infine a definire lo gnosticismo rivoluzionario nei termini di una vera e propria mentalità, concludendo quindi con la proposta di una definizione analitica del suo contenuto attraverso l’elaborazione del cosiddetto pattern gnostico, una schema composto da sei punti che ne circoscriva l’identità. I sei punti sono anti-cosmismo, tripartizione della storia, immanentizzazione dell’eschaton, gnosi, auto-redenzione politico-rivoluzionaria, e dualismo sociologico. Per provare la validità di un simile schema si sono passate in rassegna le rivoluzioni che la letteratura ha vieppiù considerato gnostico-rivoluzionarie, e quindi la sollevazione degli anabattisti radicali a Münster nel 1534-35, il puritanesimo in Gran Bretagna nel XVII secolo, la parentesi giacobina durante la Rivoluzione francese, il Terzo Reich nazista e il bolscevismo in Unione Sovietica. La seconda parte del presente lavoro prova come anche il salafismo-jihadismo faccia parte della famiglia delle rivoluzioni gnostico-rivoluzionarie, e per dimostrare ciò innanzitutto prende in considerazione singolarmente i termini del binomio, salafismo e jihadismo, mostrando come siano sostanzialmente indipendenti l’uno dall’altro: solo se combinati insieme diventano un cocktail esplosivo. E infatti l’attitudine salafita, che si contraddistingue per una generale volontà di aderire fedelmente all’epoca del Profeta Muḥammad e alle prime tre generazioni dei musulmani, gli al-Salaf al-Ṣāliḥ, assume carattere violento e redentivo oltreché purificatore solo se abbinato al jihadismo, che è invece la volontà di impegnarsi attivamente nella realtà attraverso azioni violente e presumibilmente prescritte da Dio. In questo disegno, l’uomo si sostituisce a Dio, assumendo su di sé il Suo potere redentivo, e, come ha scritto Augusto Del Noce, avviene il processo per cui «la rivoluzione è sostituita alla grazia». L’immanentizzazione dell’eschaton (la realtà ultima), celebre espressione voegeliana, definisce intimamente il progetto politico culturale dello gnosticismo rivoluzionario, che si può riassumere nella distruzione del mondo passato e presente per la costruzione del mondo nuovo, dove il finalmente costituito homo islamicus, destinazione finale dell’intera umanità, sarà impeccabile, nel senso di incapace di peccare. L’analisi è svolta sui documenti prodotti da ideologi di al-Qāʿida e dello Stato Islamico, sulle traduzioni dall’arabo di importanti analisti e accademici, sulle riviste di propaganda islamista direttamente redatte nelle maggiori lingue occidentali, e sui video caricati sul web dai miliziani stessi, senza trascurare uno studio storico intorno alla genesi del salafismo-jihadismo, dal quale emerge che l’incontro/scontro con l’Occidente ha giocato un ruolo chiave. La tesi, pertanto, si inserisce anche fra le strategie di contro-narrazione per contrastare la propaganda jihadista, poiché dimostrare come il salafismo-jihadismo sia essenzialmente una ideologia atea – l’uomo che prende il posto di Dio e il carattere intramondano del progetto di salvezza califfale – significa indebolirla depotenziarla fino al punto di esibirne l’estraneità rispetto alla tradizione spirituale islamica.
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    A roadmap or a vision? A metaphor analysis of political discourse on peace in the Middle East
    (2011) Caruso, Assunta; Argondizzo, Carmen; Ventura, Alberto
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    Studio acustico-percettivo di contrasti fonemici dell'italiano L2: migranti culturali a confronto
    (2017) Frontera, Manuela; Ventura, Alberto; Romito, Luciano

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