Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali - Tesi di Dottorato
Permanent URI for this collectionhttps://lisa.unical.it/handle/10955/107
Questa collezione raccoglie le Tesi di Dottorato afferenti al Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell'Università della Calabria.
Browse
Item Accumulazione soggettiva e produzione del comune nel laboratorio argentino(2009) Visco, Giuliana; Fiocco, LauraItem Agrifinancialization and transnational agrarian movements(Università della Calabria, 2020-04-16) Conti, Mauro; Jedlowski, Paolo; Vitale, Annamaria; Borras, Saturnino M.The food price crisis exploded in 2007/2008 with extreme price volatility and high prices, fuelling the Arab spring and other social riots. These extreme price fluctuations have been threatening global food security, increasing the number of undernourished people. The food price crisis shed light on the role of finance in agriculture and the ongoing process of financialization of agriculture. The neoliberal policies promoted by the International Monetary Fund and World Bank, through Structural Adjustment Policies, gave rise to new Transnational Agrarian Movements (TAMs) and the food sovereignty claims. These new TAMs differentiated politically from the existing TAMs and Farmers Organizations that were oriented towards the production of commodities for export and for the international markets. The research problematique addresses the interaction between financialization of agriculture, as a consequence of the end of Bretton Woods agreements, which, reshaping the countryside, also generates the rise of new TAMs claiming for food sovereignty: so the research question is how has the contemporary financialization impacted agriculture and shaped politically the contemporary political orientation of transnational agrarian movements? The research assumes the Arrighian world-system theory, among the different theoretical frameworks, to understand financialization as part of the worldwide economic cycle generating the Bretton Woods crisis and the reshaping of the space of global governance, with a specific focus on agriculture. The dissertation identifies how financialization in agriculture generated a dichotomy in the space of global governance (Intellectual Prop-erty Rights versus Collective Rights), where TAMs strategically entered claiming for food sovereignty and resisting any further penetration of capital in agriculture from within the production process and through policy dialogue for public policies with governments. In the actual financialization phase, the hegemonic powers are trying to generate a new material expansion solving the dichotomy of the global governance of agriculture through the appropriation of world biodiversity, which implies deepening the capital penetration in the internal agroecological frontier, and mainly expand the external frontier including all the biodiversity (crop wild relatives, plants, animal and marine biodiversity) in the capital accumulation system. The new TAMs are opposing this phase of financialization fostering a new material expansion based on agroecology and re-peasantization of the mode of production, which remunerates labour and natural resources rather than capital. The site of the study situated in the UN Rome based Food Agencies, as space strategically selected by TAMs to re-establish the centrality of the Governments in defining the Agriculture policies and regulations, therefore confronting the neoliberal policies and the financialization processes. Therefore, the United Nation Rome Food Agencies are an essential space to understand the TAMs perspective and strategy, in the different processes and discussion that are relevant for the penetration of capital in the countryside and in the control of natural resources, even beyond the Rome processes themselves.Item Appartenenza ad un particolare gruppo sociale ai sensi della Convenzione di Ginevra sullo status di rifugiato: studio comparato sugli sviluppi giurisprudenziali(2019) Gigliotti, Valentina; Loprieno, DonatellaL'analisi sviluppata nella tesi dottorale ha a oggetto lo studio del concetto di particolare gruppo sociale (di seguito PGS) ai sensi della Convenzione di Ginevra sullo status di rifugiato del 1951 (d'ora in poi CG); la nascita e l'evoluzione nella giurisprudenza dei due approcci determinanti, delle caratteristiche protette e della percezione sociale; la loro convergenza verso un più inclusivo approccio, delle caratteristiche comuni e della percezione sociale e, infine, l'applicazione degli stessi a fattispecie concrete. Partendo dalla definizione di rifugiato contenuta nell'articolo 1A (2) della CG e dai cinque motivi indicati al suo interno, (razza, religione, nazionalità, opinioni politiche e appartenenza a un PGS), il cui nesso di causa con la persecuzione subita o temuta dal richiedente può determinare, in assenza di protezione effettiva da parte delle autorità statali, il riconoscimento dello status di rifugiato, il lavoro di tesi si concentra sul motivo che più di tutti si presta a un'interpretazione evolutiva, aperta e condizionata dai mutamenti dei tempi e dei contesti, vale a dire l'appartenenza a un PGS. Lo studio analizza l'interpretazione che del concetto di PGS compie lo United Nations High Commissione for Refugees (d'ora in avanti UNHCR) all'interno delle sue Linee guida e la differenza tra la definizione resa dall'UNHCR, che mira a un'applicazione alternativa dei due approcci dominanti, e quella contenuta all'interno della Direttiva Qualifiche dell'Unione europea, che vincola, salvo l'applicazione di misure più favorevoli, gli Stati membri alla soddisfazione congiunta di entrambi gli approcci. Il lavoro di tesi analizza l'approccio delle caratteristiche protette e della percezione sociale, vagliando gli elementi essenziali necessari affinché un gruppo di persone possa essere considerato un PGS ai sensi della CG. 2 Osserva, attraverso il sostegno delle norme di diritto internazionale, dell'Unione europea e nazionali, delle Linee guida dell'UNHCR e della giurisprudenza delle principali corti nazionali e della Corte di Giustizia dell'Unione Europea (d'ora in avanti CGUE), se la scelta di un approccio piuttosto che dell'altro possa comportare una garanzia più o meno ampia di riconoscimento della protezione internazionale o, diversamente, determinare il rigetto dell'istanza di protezione presentata da un richiedente asilo. Evidenzia che l'approccio delle caratteristiche protette, in cui a rilevare è la presenza di una caratteristica innata, immutabile o fondamentale per la dignità di chi la possiede, ha, nel corso degli anni, favorito il riconoscimento della protezione alle vittime di gravi violazioni di diritti umani e che la sua adozione permette il riconoscimento della protezione a componenti di gruppi non composti da membri affiliati gli uni agli altri, ma accomunati da una caratteristica tale da non consentire a colui che la possiede di rinunciarvi. Rileva altresì che secondo l’approccio della percezione sociale, invece, la caratteristica che accomuna i membri del gruppo, non solo deve essere condivisa, ma deve, al contempo, rendere il gruppo riconoscibile dall’esterno e che mediante il suo utilizzo, alcuni gruppi, socialmente percepiti come tali, ma i cui membri non sono accomunati da una caratteristica protetta, riuscirebbero, previa soddisfazione degli altri elementi contenuti nell’articolo 1A (2) della CG, a ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato. Al termine di detta analisi giunge alla conclusione che, sebbene l'adozione di un approccio, piuttosto che di un altro, porti generalmente alla medesima decisione, a volte la scelta operata, è determinante, e può condurre ad un riconoscimento o, viceversa, ad un rigetto dell'istanza di protezione internazionale presentata dal richiedente e conseguentemente ad una contrazione dei diritti dei richiedenti asilo. In conclusione analizza alcuni casi studio, frutto del lavoro svolto sul campo nel corso degli anni di dottorato, a corroborazione delle tesi che si sono volute dimostrare nell’analisi condotta ed evidenzia che l'utilizzo in maniera alternativa dell'uno o dell'altro approccio, a seconda della fattispecie concreta, rappresenta la scelta che, più di tutte, tutela coloro che necessitano di protezione internazionale ed anche che l'approccio cumulativo dovrebbe essere abbandonato in favore di una totale applicazione di quello alternativo.Item Aspirazioni e aspettative degli adulti giovani italo-tedeschi e dei nuovi migranti italiani in Germania(2017) Martino, Giuseppe; Jedloski, PaoloItem A comparative socio-psycholinguistic study on plurilingual code-switching(2015) Selvaggi, Dino; Plastina, Anna FrancaQuesta ricerca presenta uno studio comparativo sugli usi concreti, l’accesso lessicale, gli atteggiamenti, l’autopercezione della competenza linguistica ed i pattern di accettabilità del code-switching (CS) plurilingue in tre contesti territoriali. Il punto di sintesi di questa analisi comparativa è la presenza dell’Italiano in contatto con le altre varietà, ora minoritarie (tutelate legislativamente o meno) ora maggioritarie, a volte autoctone e a volte di recente costituzione. A differenza di studi precedenti sul CS bilingue, in questo lavoro si privilegia il CS plurilingue e si propone una chiave di analisi mista, sia di approccio sociolinguistico sia psicolinguistico sia strutturale-grammaticale, che intende andare oltre le tradizionali dicotomie che definiscono il CS come “accettabile o grammaticale e inaccettabile o non grammaticale” e che cerchi di elicitare valutazioni più sfumate e precise (concetto di gradience e di magnitude estimation. Bard, Robertson and Sorace 1996) da parte degli informatori. Complessivamente, la comparazione avviene tra cinque lingue standard (Italiano, Croato, Inglese, Spagnolo e Filippino) e cinque varietà locali (Arbëreshë, Occitano, Calabrese cosentino, Ciacavo e Istroveneto), e le combinazioni del CS analizzate sono state: Occitano-Calabrese-Italiano, Filippino-Inglese-Italiano, Spagnolo-Italiano, Croato-Ciacavo-Italiano-Istroveneto e Inglese-Italiano. In dettaglio, partendo dal contesto locale calabrese con particolare riguardo al Cosentino, sono state condotte tre diverse tipologie di indagini. La prima ha avuto come target le attitudini verso il CS nelle minoranze storiche arbëreshë (68 informatori) e occitana (16 informatori); la seconda ha testato l’accettabilità del CS nella comunità della nuova minoranza filippina (40 informatori), mentre nel terzo caso è stata condotta una ricerca sulla comprensione dell’implicatures conversazionali in frasi con CS che ha coinvolto la nuova minoranza degli studenti universitari latinoamericani (18 informatori) presso l’Università della Calabria. La raccolta dei dati sul CS Occitano-Calabrese-Italiano è avvenuta mediante il metodo delle interviste aperte con una metodologia essenzialmente qualitativa, mentre nel caso del CS Spagnolo-Italiano, Arbëreshë-Italiano e Filippino-Inglese-Italiano si è implementata un’indagine conoscitiva quantitativa basata sui dati raccolti nei questionari a risposta chiusa.12 Nel secondo contesto, l’Istria croata, l’indagine ha riguardato sia gli atteggiamenti espliciti verso il CS, sia il lexical access in conversazioni spontanee da parte di parlanti bi-/trilingui (53 informatori). In questo case study è stata adottata una metodologia qualitativa (interviste aperte) e quantitativa (analisi dei tempi dell’accesso lessicale). Nel terzo ed ultimo contesto territoriale, la Scozia, la ricerca è stata circoscritta all’accettabilità del CS nei bambini bilingui Inglese-Italiano (17 partecipanti), attraverso la tecnica psicolinguistica del picture description task unitamente ad interviste ai genitori dei partecipanti sul language input ed exposure. This research presents a comparative study on the actual uses, lexical access, attitudes, self-perception of plurilingual competence and patterns of acceptability of plurilingual code-switching (CS) in three different countries. The common theme underlying this comparative analysis is the occurrence of the Italian language in contact with other varieties, which in some cases are minority languages (officially protected or not) and in others majority codes, sometimes autochthonous and even of recent creation. Unlike previous studies on bilingual CS, this dissertation places specific emphasis on plurilingual CS with the purpose of proposing a new mixed key for data analysis, which goes beyond the traditional neat dichotomies defining CS as “acceptable or grammatical vs unacceptable or ungrammatical”. The attempt is to elicit more fine-grained and precise judgements on behalf of the informants correlated to the concept of gradience. The comparison is traced between five standard languages (Italian, Croatian, English, Spanish and Filipino) and five local varieties (Arbëreshë, Occitan, Calabrese dialect of the Cosenza province, Chakavian and Istrovenetian), and the CS combinations analysed are the following: Occitan-Calabrese-Italian, Philipino-English-Italian, Spanish-Italian, Croatian-Chakavian-Italian-Istrovenetian and English-Italian. 13 As far as the single territorial contexts are concerned, three distinct research studies were conducted across three different countries, namely, Italy, Croatia and Scotland. Starting from the province of Cosenza in Calabria, an investigation on attitudes towards CS was carried out among the historical minorities of the Arbëreshës (68 informants) and Occitans (16 informants). This was followed by a survey among the new minorities of the Philipinos (40 informants) in which CS acceptability was also targeted through a designed task. Another survey directed to the Latino American university students (18 informants) present on the University of Calabria campus aimed at testing their comprehension of implicatures in code-switched utterances. A qualitative methodology was adopted and the method of interviews was applied in the case of the Occitans, while in those of Spanish-Italian, Arbëreshë-Italian and Filipino-English-Italian CS, a quantitative methodology was employed for questionnaire data analysis. In the second research context, the Istra region of Croatia, an investigation of bi-/trilingual speakers’ explicit attitudes towards CS and on their lexical access in spontaneous conversations was conducted (53 informants). In this specific case study, a qualitative (open interviews) and quantitative (time course of lexical access) methodology was introduced for data analysis. In the third and final context, Scotland, focus was placed on the acceptability of CS and on its use in English-Italian bilingual children (17 participants) using the psycholinguistic technique of picture description task together after interviewing participants’ parents about their language input and their children’s bilingual exposureItem Cooperazione e sviluppo al tramonto del neoliberismo : una approssimazione all'alba(2011) Benzi, Daniele; Sivini, GiordanoQuesto lavoro muove dall’esigenza di capire come, nel mondo attuale, i concetti di “cooperazione” e “sviluppo” e la loro declinazione nella esperienza storica della cooperazione internazionale e della cooperazione allo sviluppo, hanno inciso e stanno incidendo nella riconfigurazione delle relazioni internazionali e della economia mondiale. Attraverso una analisi ispirata agli studiosi del sistema-mondo capitalista, ed in particolare incentrata sui concetti di “crisi egemonica” e di “mondo multipolare” che questi utilizzano, si propone una lettura politica dell’evoluzione della cooperazione allo sviluppo Nord-Sud e della cooperazione Sud-Sud. Si cerca di mostrare come questi modelli e strumenti di politica internazionale, per essere compresi a fondo, non sono separabili dalle dinamiche di sviluppo soggiacenti al capitalismo come sistema storico. Conseguentemente, di come è possibile leggere l’utilizzo della cooperazione allo sviluppo, come pare suggerire l’esperienza storica, o quale semplice mezzo di “lotta alla povertà” o come strumento di ingerenza i cui obiettivi di fondo appartengono alla sfera della geopolitica e della economia. L’esame delle recenti tendenze della cooperazione Sud-Sud, d’altra parte, indica che le relazioni fra i paesi cosiddetti “in via di sviluppo” non sono esenti da queste problematiche. Successivamente, nella seconda parte del lavoro, si prende come caso di studio l’esperienza alternativa di integrazione e cooperazione Sud-Sud promossa dal governo bolivariano del Venezuela nota come ALBATCP (Alleanza Bolivariana per i Popoli della Nostra America - Trattato di Commercio dei Popoli). I motivi di tale scelta sono legati agli sviluppi più recenti della politica in America Latina, dove, a fronte di una crisi di lungo periodo sperimentata dalla maggior parte dei paesi della regione e vissuta come conseguenza dell’imposizione da parte delle istituzioni finanziarie internazionali di un modello di sviluppo economico – in sintesi il neoliberismo – , si sono aperti nuovi processi di ripensamento critico sia sul concetto stesso di “sviluppo” che sui caratteri della democrazia e sulla partecipazione al sistema internazionale. Studiando l’ALBA si è cercato di mettere in luce differenze e analogie di questo progetto con i modelli di integrazione latinoamericana più consolidati e i nuovi che stanno sorgendo; ma anche con la tradizionale cooperazione allo sviluppo Nord-Sud e le nuove esperienze di cooperazione Sud-Sud. Il caso ALBA mostra che anche questo, come qualsiasi altro processo di cooperazione e integrazione, è fortemente condizionato dai principi, progetti e interessi dominanti nello scenario economico, politico e sociale interno dei paesi che vi partecipano. E che un progetto di integrazione è molto più difficile da realizzare rispetto a un modello, anche ampio, di cooperazione perché tocca necessariamente e in profondità gli “agenti economici”, siano essi pubblici o privati. Infine mostra che, oggi forse più che in passato, il concetto di “sviluppo” ancora dominante, basato sull’esperienza storica occidentale, è destinato a provocare aspri conflitti e resistenze, perfino nei casi in cui, come l’ALBA, si guarda a un orizzonte post-capitalista. ABSTRACT (English version) This work attempts to understand how, in the contemporary world, the concepts of “co-operation” and “development”, and their historical praxis as international co-operation and co-operation for development, have affected the reconfiguration of the world economy and international relations. Through an analysis inspired by the capitalist world-system scholars and focused on the concepts of “hegemonic crisis” and “multi-polar world”, here I offer a political interpretation of the co-operation for development and South-South co-operation evolution. I try to show that, to achieve a deep understanding of these social phenomenons, it is not possible to separate these models and foreign policy tools from the widest capitalistic dynamics, once capitalism is assumed as an historical system. Consequently, as experience seems to suggest, how is possible to use co-operation for development just as a simple medium “to fight against poverty” or as a tool to interfere in the recipient domestic policies, basically guided by geopolitical and economic purposes. The recent South-South co-operation trends, on the other hand, clearly show that relations among “developing countries” are affected by the same problems. Then, in the second part of the thesis, I consider the case study of the ALBA-TCP (Bolivarian Alliances for the People of Our America – Peoples’ Trade Treaty), a new regional integration project promoted by the Bolivarian government of Venezuela, in which eight Latin American States are participating in a peculiar South-South international co-operation experience. The reason behind this choice is closely related to the recent political tendencies in Latin America. After a period of crisis lived in the greater part of the region and mostly perceived as the imposition by the IFIs of a development economic model - in short Neoliberalism - new processes of critical rethinking have been opened on the concept of “development” itself, the features of democracy and the regional participation to the international system. Through the study of the ALBA project, I highlighted its analogies and differences with the more consolidated Latin American integration models as well as the new ones; but also with the traditional North- South co-operation for development and the new South-South co-operation experiences. The case of ALBA shows that the contents of any integration or co-operation process are strongly determined by the principles, projects, and dominant interests at play within each Member State. Additionally, broadly speaking, that a process of regional integration is much more difficult to put in practice than any model, even broad, of co-operation, because it affects the “economic agents”, both public and private. Finally, the study shows that today more than ever before, the still dominant concept of “development”, based on the Western historical experience, is destined to generate harsh social conflicts and resistances, even in those cases, such as the ALBA, oriented to a post-capitalist social order.Item Cooperazione intercomunale e riordino territoriale: possibili fattori esplicativi della distribuzione delle unioni di comuni(2017) Marotta, Mariano; Raniolo, Francesco; Bolgherini, SilviaL’Italia è caratterizzata dalla presenza di numerosi comuni di piccole e piccolissime dimensioni demografiche. La letteratura in materia è ormai concorde nell’affermare che tali comuni non sono in grado di garantire il raggiungimento delle c.d. economie di scala, andando incontro a conseguenti problemi gestionali e/o a una scarsa (qualitativamente e quantitativamente) erogazione dei servizi e delle funzioni nei confronti della cittadinanza di riferimento. Avverso questa situazione, il legislatore nazionale ha intrapreso – dagli anni Novanta – una serie di strategie tendenti a ridurre il numero dei comuni di piccole dimensioni mediante il loro accorpamento. Se la best strategy è rappresentata dalla fusione, le resistenze registrate a livello locale avverso tale processo hanno portato i governi italiani succedutisi nel tempo a puntare sulle forme della cooperazione intercomunale. Tra queste, assume particolare rilievo l’unione di comuni, sulla quale – allo stato attuale – si concentra la strategia di deframmentazione comunale in atto in Italia. L’analisi dei dati appositamente raccolti per questa ricerca, ha mostrato che se in alcune regioni le unioni sono uno strumento particolarmente utilizzato, in altre – al contrario – esse stentano a far presa. Tale condizione rischia di minare l’intento del legislatore nazionale per il quale, ovviamente, la deframmentazione comunale è un obiettivo da raggiungere su tutto il territorio italiano. Per queste ragioni, obiettivo della ricerca proposta è la verifica dei possibili fattori in grado di spiegare la costituzione e/o la mancata costituzione di unioni e, inoltre, l’adesione e/o la mancata adesione dei comuni alle stesse. La letteratura in materia e una expert survey appositamente somministrata a esperti, hanno permesso di isolare tre fattori maggiormente significativi: la legislazione nazionale, la legislazione regionale e la propensione degli attori locali verso tale forma di cooperazione. Attraverso un metodo comparato e, più nello specifico, facendo ricorso alla tecnica della Qualitative Comparative Analysis, si è giunti alla conclusione che il fattore esplicativo maggiormente significativo, perché strettamente correlato alla percentuale di adesione dei comuni alle unioni, è quello legato alla propensione degli amministratori locali. I risultati ai quali si è giunti e la complessiva analisi effettuata possono restituire utili spunti, anche in ottica prescrittiva, alla strategia di riduzione dei piccoli comuni e di contestuale incentivazione delle forme associative tra comuni.Item A critical discourse analysis of Vandana Shiva's environmental and normative discourse : social representations and identity of seeds(Università della Calabria, 2019-09-18) Pasqua, Marilyn; De Bartolo, Anna Maria; Ventura, AlbertoDespite globalization claims to benefit all communities around the globe, it ‘provides opportunities only for a global elite’ (Kramsch/Boner 2010). This kind of analysis aims at unveiling the correlations in discourse between language and the environment. Critical discourse analysis can disclose the ways in which language plays a key role in environmental issues both at the local and global levels. One crucial aspect which can be taken into account by critical discourse analysis is that of social representations embedded in hegemonic representational systems and which can be countered by alternative environmental discourses. In the field of discourse analysis, social representations can be considered ‘as constituting, reproducing, challenging and restructuring systems of knowledge and belief’ (Fairclough 1992: 168). This research project focuses on how environmental discourse is shaped to counter the global industrialized modern world in defence of the environment. In particular, the analysis revolved around normative and environmental discourse. Two documents which were written with the intent to regulate seeds and a collection of Shiva’s texts were used as the materials to carry out critical discourse analysis which ultimately focuses on exploiting new discursive representations for a more sustainable environment. Emphasis is specifically placed on how the social reality of ‘seed’ can be reconstructed from a natural environmental perspective. The mixed method research design adopts an interdisciplinary approach which draws on Corpus Linguistics, Critical Discourse Analysis and the Social Representations Theory (Moscovici 2000) to uncover the socio-cognitive communicative mechanisms that contribute to the reconstruction of Shiva’s environmental worldviews within contemporary globalized social reality. In particular, findings show how Shiva constructs and portrays the identity and social representations of ‘seeds’ which is not influenced by the hegemonic dominant discourse and which fosters an alternative practice of environmental discourse. The language of ecology and the discursive constructions featuring Shiva’s counter-discourse are chosen to shape representations or re-representations which allow the audience to picture an alternative social reality of the surrounding environment. Overall, the analysis suggests how Shiva’s discourse is driven by the purpose of preserving the Earth’s natural ecosystem against current hegemonic forces of the contemporary globalized world.Item Dal reale all'ideale: senso e relazioni nei processi di programmazione dei servizi sociali intesi come processi di cambiamento sistemico(2013) Falcone, Francesca; Samà, AntonioItem Dall'alternativa economica all'economia alternativa: il ruolo di LETS e GAS nella costruzione di una economia solidale e cooperativa(2011) Musacchio, Francesco; Vitale, AnnamariaItem Dalla fuga alla diaspora : la scelta dell'esodo al tempo dell'umanitario : i rilievi dell'esperienza soggettiva nella vicenda dei rifugiati tibetani in India, e dei rifugiati sudanesi in Italia(2006) D'Agostino, Mariafrancesca; Sivini, GiordanoIl punto di partenza di questa ricerca abbraccia la tesi proposta da quanti individuano, dal secondo dopoguerra in poi, l’emergenza di un processo di etichettamento e serializzazione a partire dal quale i rifugiati si sarebbero imposti nel dibattito politico internazionale come “discorso” strategicamente rilevante. Tali processi sono indagati nella parte prima di questo lavoro al fine di evidenziare come tanto gli obiettivi politici perseguiti dall’Occidente nel periodo della Guerra fredda, tanto lo slittamento che oggi ricorre verso politiche d’asilo tese a confinare i profughi entro aree prossime a quelle di provenienza, abbiano finito per ipostatizzare nei rifugiati l’immagine di vittime private di cultura e identità, e della fuga come movimento essenzialmente involontario. Utilizzando le riflessioni recentemente compiute in seno agli studi sulla diaspora e sulle pratiche del transnazionalismo, l’ipotesi di fondo di questo lavoro afferma al contrario la necessità di riscoprire i rifugiati come agenti capaci di assumere scelte propriamente soggettive, legate ai loro desideri e ai gruppi cui si trovano affiliati, sebbene tale soggettività si articoli nei contesti di arrivo in maniera differente e specifica rispetto a quando la migrazione non sia generata da condizioni di conflitto e violenza generalizzata. L’etnografia condotta con i rifugiati tibetani che vivono in India, e con i rifugiati del Darfur che si trovano in Italia, ci avverte infatti che quello sfondo comune di lutti, violenze e protesta che ricorre nell’esperienza dei rifugiati, di fronte a processi che costringono l’esodo tra lo spazio dell’umanitario e quello dell’irregolarità, nei contesti d’arrivo sta emergendo sempre più spesso come motivo di partecipazione collettiva e diretta: quale impulso alla costituzione di movimenti diasporici capaci di avvalersi dei network sociali, dei flussi tecnologici diffusi dalla globalizzazione, per incidere dall’estero sui conflitti di origine e sulla loro evoluzione. Di fronte alla crisi dell’ONU e del diritto internazionale, i rifugiati sembrano riuscire a dar vita, cioè, a nuove forze sociali, a connessioni diasporiche che, mentre li qualificano come categoria a sé nel quadro sociologicamente più ricco della migrazione, svolgono funzioni di critica e protesta, ma anche vere e proprie attività di cooperazione e di diplomazia “dal basso” capaci di alludere ad una possibile alternativa sociale, distinguibile ed autorganizzata.Item Declinazioni tayloristiche nel lavoro contemporaneo(2014) Donatiello, Luigia; Sivini, Giordano; Commisso, GiulianaItem Democrazia e accountability elettorale : Calabria e Toscana a confronto(2011) Noceto, Orazio; Raniolo, FrancescoItem Democrazia locale e qualità democratica : i bilanci partecipativi(2008) Putini, Antonio; Raniolo, FrancescoItem Diritto alla cultura e politiche culturali : le teorie di una prassi(2007) Dionesalvi, Francesco; Bruno, Marcello WalterItem Distanza sociale e politica nel Mezzogiorno d'Italia(2007) Pascuzzi, Emanuela; Costabile, AntonioItem Energia politica : formula tecnologica idrogeno : vecchie e nuove visioni di cambiamento energetico(2008) Cilio, Debora; Pieroni, OsvaldoIl presente lavoro si riferisce a considerazioni in merito al problema dell’approvvigionamento energetico ed alla gestione potenzialmente diffusa di nuove tecnologie energetiche (in particolare le fonti energetiche rinnovabili) applicate anche per la produzione di idrogeno come vettore energetico. Lo studio, che ha riguardato in particolare lo stadio sviluppo di tali tecnologie, pone particolare accento sull’importanza del piano della comunicazione della tecnologia come input per un allargamento all’inclusione ed alla partecipazione di più soggetti al processo di cambiamento all’interno di tre progetti adottati come casi di studio: il progetto ECTOS (Ecological City TranspOrt System) nella città di Reykjavik in Islanda, il progetto H2pia nella città di Herning in Danimarca ed il progetto PEAC.net a Soveria Mannelli (CZ) in Italia. L’ipotesi che ha guidato la ricerca, in linea con la visione di un processo circolare dell’innovazione, per cui l’innovazione non è strettamente legata al vettore tecnologico ma sono i processi sociali che se ne appropriano, è che i processi di partecipazione attorno ad un’innovazione tecnologica non si attivano se non sono sostenuti da innovazione sociale, che consenta di sfruttarne le potenzialità in termini di democrazia. Ne consegue che l’aspetto innovativo delle tecnologie è rappresentato essenzialmente dal modo in cui si rivelano le associazioni tra gli attori piuttosto che dall’artefatto in se stesso, che comunque viene letto come parte fondamentale dell’associazione stessa (come attante non umano nell’accezione dei teorici dell’Actor Network Theory). Da ciò l’importanza di superare, anche in un’ottica di sviluppo sostenibile e di accettazione del rischio, forme di “gap” comunicativi all’interno dei gruppi proponenti al fine di favorire la creazione/definizione di un immaginario tecnologico che abbia anche una valenza politica e sociale, che apra all’inclusione di nuovi attori all’interno della coalizione agente di partenza e che spinga verso una maggiore accettabilità sociale (anche in termini economici e ambientali) delle tecnologie energetiche di riferimento ed della visione di cambiamento ad essi correlata. L’elaborazione teorica e l’osservazione sul campo rilevano aspetti di similarità, tutti i progetti rappresentano, infatti, dei laboratori sperimentali che vanno nella direzione di dimostrare se sia fattibile o meno la transizione da un sistema energetico basatosulla dipendenza da fonti di origine fossile ad un sistema fondato principalmente su fonti energetiche rinnovabili, capillarmente diffuse ed ambientalmente sostenibili, e tutti in tempi differenti hanno affrontato i medesimi problemi; ma mostrano anche profonde difformità che si esplicitano nella presenza di differenze culturali ed istituzionali, in differenti politiche pubbliche in campo energetico finalizzate alla stabilizzazione delle tecnologie sottese alla produzione di idrogeno ed al suo uso, a diverse modalità di attuazione e di implementazione dei processi e delle ottiche di cambiamento ad essi sottese, ma soprattutto nella profonda diversità nel cardine interpretativo (politicamente e socialmente rilevante) sotteso alla tecnologia in analisi. Rispetto alle osservazioni avanzate sui fattori socio culturali ed istituzionali del contesto ed all’analisi dei casi è ragionevole supporre che il problema, soprattutto per ciò che riguarda il caso nazionale, che fin dal suo incipit ha contemplato forme di partecipazione allargata, è rappresentato fondamentalmente dalla tendenza a leggere la tecnologia (per altro ancora solo evocata) come unico vettore di innovazione, senza tenere conto delle oggettive difficoltà (in termini di politiche pubbliche ed economiche) di tradurre la complessità delle tecnologie implicate nel progetto attraverso una visione condivisa all’interno della coalizione agente di riferimento da cui consegue una profonda difficoltà ad aprire il processo a forme di interessamento, prima, e di inclusione reale poi, con conseguenti resistenze sia a livello istituzionale che a livello degli stakeholders locali e della cittadinanza.Item Esperienze di fede alla riconquista del mondo tra secolarizzazione e de-secolarizzazione : il caso di Comunione e Liberazione(2006) Gervasi, Francesco; Bova, Vincenzo A.Item Esperienze di frontiera(2011) Garofalo, Sabrina; Siebert, Renate; Jovelin, EmmanuelItem Essere sè stessi : rifrazioni dell'individualismo tra i giovani-adulti calabresi(Università della Calabria, 2021-12-07) Rafele, Alberto Maria; Jedlowski, PaoloIl lavoro di ricerca che presento in queste pagine si articola idealmente lungo due binari. Il primo è il tentativo di mostrare come individualismo e modernità siano correlati: attraverso la rilettura di alcune teorie sociologiche, ho cercato di mettere in luce come l’idea che le società europee moderne e tardo moderne avevano della loro epoca abbia influenzato il modo di guardare all’individualismo. Il secondo consiste in una ricerca empirica. Non si tratta però di percorsi separati: in più punti questi si uniscono. Per quanto concerne la ricerca teorica, presentata nel primo capitolo, si tratta a grandi linee, della storia del concetto d’individualismo: partendo dalla nascita del termine e attraversando le diverse culture europee che tra la fine del XVIII secolo e la fine del XIX hanno dato differenti accezioni alla parola, darò conto dei significati dell’individualismo nelle opere dei classici della sociologia (Durkheim, Simmel e Weber), per poi affrontare il discorso teorico sull’argomento proposto da alcune delle scuole di pensiero del Novecento (Suola di Francoforte e sociologia statunitense tra gli anni Settanta e Ottanta), giungendo, infine, alle teorie più recenti sull’individualismo riflessivo (Beck). Ciò che emerge dalla storia dell’individualismo è la molteplicità di significati del termine, ma anche gli scopi diversi a cui esso si è prestato e le sue connotazioni correlate (fra descrizione, critica e apologia dell’esistente): a parlare, nella teoria sociale, è pur sempre qualcuno, e il suo posizionamento nel discorso pubblico rende conto di ciò che con “individualismo” si vuol dire. Nel contesto odierno, i contenuti del concetto variano ancora, conservando però il rischio implicito in ogni concetto: il rischio di trasformarsi in una generalizzazione, seppur “autorevole”, che può finire con l’indebolire la nostra capacità di guardare ai fenomeni sociali piuttosto che con l’agevolarla; in altri termini, il rischio è di semplificare eccessivamente la complessità del reale. Alla verifica della tenuta effettiva del concetto ci si può accostare solo facendo indagini, e a questo sono dedicati i capitoli che seguono. Il concetto d’individualismo così com’è oggi proposto dai principali esponenti della teoria sociale fornisce una chiave: a leggerlo con attenzione indica ciò che, nella realtà, al concetto dovrebbe corrispondere. Rilevato ciò, è possibile provare a verificare l’esistenza e la consistenza dei fenomeni cui intende riferirsi, e a individuare ciò che eventualmente in essi rischia di sfuggire al concetto. A questo scopo è designata la ricerca empirica che segue la prima parte teorica del lavoro. Prima di svolgere le interviste si è reso però necessario operativizzare un concetto complesso come quello d’individualismo, renderlo, cioè, oggetto di colloquio. A partire dalla teoria e dall’attuale contesto sociale ho individuato quelle che mi sono sembrate le tematiche essenziali per discutere di individualismo (accelerazione dei ritmi di vita, individualizzazione dalla famiglia, differenziazione e visione del futuro). Queste saranno approfondite nel secondo capitolo. Si tratta di uno schema teorico e non necessariamente esaustivo; tuttavia queste componenti racchiudono un’altra serie di questioni (autonomia, elementi di decelerazione, competizione, amicizia) cosicché, nel complesso, mi è parso che il suddetto schema potesse essere funzionale per indagare molti degli aspetti rilevanti nella produzione di narrazioni sull’individualismo. Sulla base di questo schema ho posto una serie di domande di ricerca funzionali alla stesura di una traccia d’intervista, perfezionata dopo cinque interviste esplorative. Nel condurre la ricerca empirica, innanzitutto, ho scelto un universo empirico di riferimento - giovani-adulti calabresi con un buon tasso d’istruzione, maschi e femmine, metà dei quali migrati in altre zone d’Italia - e un metodo di ricerca - interviste narrative semi-strutturate. Di queste scelte darò conto nel terzo capitolo. Ho così incontrato (di persona e in parte necessariamente on line per via dell’emergenza sanitaria dovuta al diffondersi del COVID-19) venti giovani, raccogliendo le loro narrazioni per ciò che direttamente e indirettamente concerne i fenomeni cercati. I risultati sono raccolti nei capitoli centrali dell’elaborato, e sono stati commentati e messi a confronto facendo riferimento alla letteratura più recente su argomenti per molti versi analoghi, relativa soprattutto ai giovani-adulti di oggi in diverse aree d’Italia. Complessivamente, come sarà possibile leggere nell’ultimo capitolo, nelle narrazioni esaminate compaiono atteggiamenti e riflessioni attinenti all’organizzazione concreta della vita quotidiana che possono essere compresi entro la nozione d’individualismo. Ma si tratta di un individualismo articolato, rielaborato e interpretato in modi che non corrispondono del tutto a ciò che il senso comune porta ad attendersi. Quello che emerge è un individualismo tutt’altro che esasperato, e piuttosto mitigato da diverse controspinte. È un individualismo riflessivo, in cui indubbiamente i soggetti hanno il senso del proprio essere individui e ne riconoscono il valore, e in cui sono impegnati a definirsi e a definire le proprie traiettorie di vita in modi autonomi, ma dove le relazioni con gli altri (specie famiglia d’origine, partner amoroso e amici) e un diffuso senso di responsabilità verso costoro mitigano tanto lo spirito competitivo quanto l’egoismo che, nei discorsi più correnti, sono spesso associati al termine d’individualismo. Se si colgono poche tracce di quello che potrebbe essere chiamato un senso dell’agire collettivo ed è riscontrabile un ripiegamento su sé stessi e sui propri affetti, ciò non esclude un attivo e ricorrente confrontarsi con quelle che sono percepite come proprie responsabilità, con le opportunità presenti e con ciò che la propria voce interiore richiede. Inoltre, la spinta motrice di questo ripiegamento non è il soddisfacimento immediato di bisogni egoistici, piuttosto un sentimento d’impotenza nei confronti di fenomeni sociali percepiti come troppo più grandi per essere modificati. Per questo motivo, descrivendo questo tipo d’individualismo, utilizzerò l’espressione privatismo stoico, che restituisce l’immagine di un individuo, da un lato, non completamente isolato, dall’altro, attento alla distinzione tra ciò che è a portata del suo agire e ciò che non lo è (ciò che appunto l’antico pensiero stoico in fin dei conti indicava).