Dipartimento di Biologia, Ecologia e Scienze della Terra - Tesi di dottorato
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Questa collezione raccoglie le Tesi di Dottorato afferenti al Dipartimento Dipartimento di Biologia, Ecologia e Scienze della Terra dell'Università della Calabria.
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Item Sviluppo larvale e metamorfosi nell’ascidia Ciona intestinalis: ruolo del monossido di azoto(2012) Ercolesi, Elena; Palumbo, Anna; Cerra, Maria CarmelaSviluppo larvale e metamorfosi nell’ascidia Ciona intestinalis: ruolo del monossido di azoto Lo sviluppo larvale e la metamorfosi dell’ascidia Ciona intestinalis rappresentano un processo molto complesso mediante il quale la larva natante si trasforma in un individuo giovane sessile attraverso una profonda ricostruzione del piano corporeo e la regressione della coda. A livello molecolare, avvengono alcuni processi quali l'attivazione della caspasi-3-simile e della MAPK (Chambon et al., 2002, 2007) e la produzione di monossido di azoto (NO) (Comes et al., 2007). In particolare, è stato dimostrato che l'espressione spaziale di ossido nitrico sintasi (NOS) e di NO è molto dinamica durante lo sviluppo di ciona. Il segnale si sposta rapidamente lungo tutta la larva coinvolgendo il sistema nervoso centrale e la coda nei suoi diversi compartimenti. Inoltre, l'NO regola la regressione della coda, agendo sulla apoptosi mediata da caspasi-3-simile. Il progetto di tesi é stato focalizzato ad uno studio approfondito del ruolo dell'NO durante lo sviluppo larvale e la metamorfosi di C. intestinalis, fornendo nuovi elementi sui bersagli molecolari dell'NO in relazione allo sviluppo ed alla risposta allo stress. Una serie di esperimenti, volti ad esaminare l'andamento e la velocità di metamorfosi in diverse condizioni dei livelli di NO, hanno rivelato che l'NO prodotto nelle larve di ciona contribuisce alla fosforilazione della MAP chinasi ERK, un evento chiave e necessario affinché la metamorfosi avvenga. In particolare, diminuendo i livelli endogeni di NO, trattando le larve alla schiusa con un inibitore della NOS o un agente che lega l'NO, si ottiene un rallentamento della metamorfosi ed una concomitante riduzione della fosforilazione di ERK. Al contrario, un aumento di NO mediante l'uso di un donatore di NO, determina una accelerazione del processo accompagnata da un aumento di attivazione di ERK. Su questa base, é stato ipotizzato un possibile meccanismo per spiegare la fosforilazione di ERK indotta da NO, basato sulla nitrazione di ERK, come suggerito da esperimenti paralleli di immunoprecipitazione, che hanno mostrato la correlazione tra il livello di fosforilazione di ERK e la sua nitrazione. Un altro dato importante emerso da questa tesi è la dimostrazione che l'NO media anche una altra via di trasduzione durante la metamorfosi di ciona che comporta la nitrazione delle proteine. Il trattamento con l'agente nitrante, il perossinitrito, determina una accelerazione della metamorfosi, mentre agenti che legano l'NO provocano un effetto opposto. Un notevole aumento di nitrazione è stato rivelato allo stadio larvale rispetto a quello embrionale ed inoltre ERK e P-ERK sono risultate essere nitrate mediante metodologie immunochimiche. La scoperta di elevati livelli di proteine nitrate durante un processo fisiologico, quale lo sviluppo, riveste particolare importanza alla luce di dati sempre più numerosi in letteratura sulla nitrazione delle proteine quale una nuova via di trasduzione capace di agire direttamente o indirettamente su altre vie. Ulteriori esperimenti sono stati condotti per indagare la risposta allo stress in larve di ciona indotto dalla aldeide prodotta dalle diatomee, la decadienale (DD). Larve trattate con questa aldeide mostrano un ritardo della metamorfosi dipendente dalla concentrazione dell'aldeide e dallo stadio larvale al quale si fa l'incubazione. È interessante notare che il trattamento con DD determina una riduzione della fosforilazione di ERK analogamente a quanto osservato quando i livelli endogeni di NO vengono dimunuiti. Ulteriori studi saranno necessari per delineare il meccanismo con il quale DD influenzi la metamorfosi ed il coinvolgimento dell'NO.Item Effetti neuro-comportamentali del rame nei teleostei: ruolo dell'HSP90 e del sistema ORXergico(2012-11-29) Zizza, Merylin; Cerra, Maria Carmela; Canonaco, Marcello; Facciolo, Rosa MariaTra i metalli, il rame (Cu2+), sebbene essenziale per il corretto metabolismo corporeo, può risultare un potente agente tossico in grado di promuovere pericolosi eventi nocivi, soprattutto nei pesci. Ad oggi, sono poche le informazioni sulla neurotossicità ramedipendente e le risposte attivate per la difesa e riparazione da tale tossicità. Su questi presupposti, nel presente lavoro sono stati investigati gli effetti del cloruro di rame (CuCl2), a diverse concentrazioni e tempi di esposizione, sia a livello comportamentale che neuronale nel teleosteo d’acqua dolce, Carassius carassius, e marino, Thalassoma pavo. Da un punto di vista molecolare, l’attenzione è stata indirizzata alle variazioni trascrizionali dell’Heat Shock Protein 90 (HSP90), chaperon con ruolo critico sia in condizioni fisiologiche che di stress. Alla luce di recenti evidenze che propongono il sistema orexinergico come cruciale nella coordinazione delle reazioni fisiologiche allo stress, è stata valutata anche la capacità dell’orexina-A (ORX-A), somministrata ogni giorno intraperitonealmente (10 ng/g peso corporeo) durante l’esposizione al Cu2+, di modulare gli effetti neuro-comportamentali di tale metallo nei suddetti teleostei. Il trattamento a breve termine (48h) con due concentrazioni di metallo, selezionate mediante screening preliminari in Carassius carassius (1.45 mg/L e 0.30 mg/L CuCl2) e Thalassoma pavo (1.07 mg/L e 0.25 mg/L CuCl2), ha causato evidenti alterazioni comportamentali. In particolare, il feeding è risultato notevolmente (p<0.001; p<0.01) ridotto, vs i controlli, in Carassius carassius e in Thalassoma pavo, rispettivamente. Nel primo pesce, la concentrazione di 1.45 mg/L ha causato anche una moderata (p<0.05) riduzione dello swimming, accompagnata da un simultaneo incremento del resting state. In modo analogo, in Thalassoma pavo, la riduzione dello swimming durante l’esposizione alla più bassa concentrazione, si è tradotta in un concomitante incremento del resting state. Nei teleostei marini, esposti a 1.07 mg/L di metallo, l’assenza di effetti significativi sul rest era dovuta alla comparsa di abnormal motor behaviors, caratterizzati da perdita di equilibrio e movimenti repentini ed improvvisi. In Carassius carassius tali atteggiamenti insorgevano solo moderatamente dopo 48h di esposizione alla alta concentrazione. Inoltre, durante l’esposizione, entrambi i teleostei mostravano una considerevole tendenza a nuotare verso la superficie (swimming towards surface). Accanto agli effetti sul comportamento, l’Amino Cupric Silver Stain ha anche mostrato segni di neurodegenerazione a carico dei neuroni, soprattutto nel nucleo laterale del telencefalo dorsale (Dl) degli esemplari esposti alle alte concentrazioni di contaminante. Parallelamente, l’ibridazione in situ ha fatto registrare nell’encefalo di Thalassoma pavo, trattato con la concentrazione più alta, un’up-regulation dell’HSP90 in differenti nuclei, come Dl (+87%). In Carassius carassius la risposta trascrizionale è stata invece meno evidente, con moderati incrementi dell’mRNA rinvenuti, ad esempio, nella valvola del cervelletto (VCe; +31%), in seguito a trattamento con la più alta concentrazione che causava anche moderate down-regulations a livello del telencefalo. E’ stato interessante notare che molte delle alterazioni comportamentali venivano ridotte dalla somministrazione di ORX-A, soprattutto a livello del feeding di entrambi i teleostei. In Carassius carassius si è potuto osservare, inoltre, una riduzione degli abnormal motor behaviors e dello swimming towards surface. Anche a livello neurodegenerativo, l’ORX-A è stata in grado di prevenire i danni indotti dal Cu2+, come nel Dl di Carassius carassius esposto alla più alta concentrazione. Dal punto di vista molecolare, l’ORX-A ha prevenuto la down-regulation indotta dal metallo in Dl, favorendo addirittura una moderata up-regulation del trascritto in TLo (+32%) di Carassius carassius esposto a 1.45 mg/L di CuCl2, rispetto ai controlli. Anche in Thalassoma pavo, il neuropeptide induceva una significativa up-regulation dell’espressione di HSP90, come nel nucleo laterale del telencefalo ventrale (Vl; +92%) durante esposizione alla concentrazione più bassa di CuCl2. Quando i pesci esposti al Cu2+ per 48h sono stati trasferiti in acqua priva di metallo, molti deficit neuro-comportamentali erano, almeno parzialmente, ripristinati. Inoltre, quasi tutti i nuclei encefalici di entrambi i teleostei, esposti alla più alta concentrazione, hanno mostrato incrementi significativi dell’mRNA per l’HSP90, sia rispetto al precedente trattamento che ai controlli. Alla luce dei dati ottenuti e in virtù del fatto che la bassa concentrazione aveva fatto rinvenire alterazioni neuro-comportamentali più lievi, in alcuni casi recuperabili, è stato interessante verificare gli effetti di questa stessa concentrazione in un trattamento cronico (21 giorni). Nel corso di tale trattamento, il feeding di Carassius carassius era drasticamente ridotto, rispetto ai controlli, a partire dal giorno 7 di esposizione mentre in Thalassoma pavo la riduzione diveniva elevata al giorno 14. A livello encefalico, si riscontrava una più estesa degenerazione che colpiva molti più campi neuronali, compreso il nucleo diffuso del lobo inferiore (NDLI). Al contempo, il trattamento cronico era responsabile di una generalizzata up-regulation dell’HSP90 in Thalassoma pavo e di un effetto trascrizionale sito-specifico in Carassius carassius. In quest’ultimo teleosteo, infatti, si riportavano down-regulations nel telencefalo (~-30%) e in NDLI (-55%), ed upregulations in TLo (+30%), VCe (+43%) e nel corpo del cervelletto (CCe; +52%). La somministrazione di ORX-A al 21 giorno, sebbene causasse un’attenuazione degli effetti del Cu2+ sul comportamento, non era però capace di ridurre i danni neuronali e, a livello trascrizionale, non influenzava in modo efficiente l’espressione dell’HSP90 Nel complesso, i risultati di questo lavoro di Dottorato forniscono importanti evidenze degli effetti neuro-comportamentali del Cu2+ in Carassius carassius e Thalassoma pavo, sottolineando il coinvolgimento dell’HSP90 nei meccanismi di protezione e riparazione innescati a livello encefalico. In aggiunta a ciò, per la prima volta, si suggerisce l’implicazione del sistema ORXergico nell’attivazione di risposte adattative allo stress indotto dal Cu2+, sia nei teleostei marini che d’acqua dolceItem I nitriti come molecola segnale: effetti diretti e indiretti sulla regolazione dell'attività cardiaca(2012-11-20) Montesanti, Gabriella; Cerra, Maria Carmela; Canonaco, Marcello; Pellegrino, DanielaNitrite anion is a physiological NO storage form and an alternative way for NO generation, recently emerged as a cardioprotective endogenous modulator. Using Langendorff perfused rat hearts, as paradigms of mammals heart, we explored nitrite influence on the Frank-Starling response. We demonstrated that, like NO, exogenous nitrite improves the Frank-Starling response in rat heart as indicated by Left Ventricular Pressure (LVP) and the maximal rate of LVP decline (LVdP/dtmax), used as indexes of inotropism. Noteworthy, the minimal negative derivative of intraventricular pressure, LVdP/dt min, used as indexes of lusitropism, was positively affected by nitrite, suggesting the anion involvement not only in the systolic but also in the diastolic phase. This positive influence of nitrite was unaffected by endocardial endothelium impairment and NOS inhibition. In addition, the effect resulted sensitive to NO scavengers, independent on nitroxyl anion, and mediated by a cGMP/PKG-dependent pathway. These results suggest that nitrite acts as a physiological source of NO modulating the stretch-induced intrinsic regulation of the mammals heart. Moreover, nitrite affects numerous biological processes through NO-independent pathways (Bryan et al., 2005), including the S-nitrosylation of thiol-containing proteins (Foster et al., 2003). The mechanisms underlying these phenomena, until now not fully understood, are of great interest because of their cardiovascular therapeutic potential. In the last part of this study we analysed in the rat heart whether nitrite affect S-nitrosylation of cardiac proteins and the potential targets for S-nitrosylation. Rat hearts, perfused according to Langendorff, were exposed to nitrite and then analysed by Biotin Switch Method. We showed that nitrite increased the degree of S-nitrosylation of a broad range of membrane proteins. Further analysis, conducted on subfractioned proteins, allowed us to identify a high level of nitrosylation in a small range of plasmalemmal proteins (45-50 kDa). The increment in S-nitrosylation at this location was characterized by using an anti-Kir2.1 rabbit polyclonal antibody. We also verified that this effect of nitrite is preserved in the presence of the NO scavenger P-TIO. Finally, we wanted to investigate the direct effects of nitrite using two specific inhibitors of the major nitrite reductase in the heart, xantine oxidoreductase and citocrome P450 (allopurinol and ketoconazole respectively). The effect of nitrite in the presence of these inibitors is a bit reduced compared to control. A further analysis of this result, we used nitrite in the presence of N-acetyl-L-cysteine (NAC), a specific inhibitor of the nitroxyl anion (HNO). In this case, unlike that observed with the P-TIO, the effect of nitrite is significantly reduced. Our results suggest, for the first time, that nitrite represents a direct S-nitrosylating agent in cardiac tissues and that Kir2.1 channels are one of the targets. These observations are of relevance since they support the growing evidence that nitrite is not only a NO reserve but also a direct modulator of important functional cardiac proteinsItem Il ruolo della Cromogranina A e dei suoi peptidi derivati, Serpinina e Catestatina, nella fisiopatologia cardiaca(2012-11-24) Gentile, Stefano; Cerra, Maria Carmela; Angelone, Tommaso; Canonaco, MarcelloIl ruolo cardiovascolare della CgA e dei suoi peptidi bioattivi è stato ampiamente documentato. I livelli plasmatici di CgA (range fisiologico da 0.5nM a 5nM), inizialmente utilizzati nella pratica clinica come biomarker di tumori neuroendocrini (O’Connor and Bernstein, 1984; Stridsberg and Husebye, 1997), rappresentano anche un importante marker per le disfunzioni del sistema cardiocircolatorio come ad esempio l’ipertensione essenziale, le cardiomiopatie ipertrofico/dilatative e l’insufficienza cardiaca (Ceconi et al., 2002). Recentemente Jansson et al. (2009), e Rosjo et al. (2010), hanno dimostrato che i livelli di CgA nella sindrome coronarica acuta forniscono informazioni prognostiche indipendentemente dagli altri markers di rischio convenzionali. L’importanza della CgA nella biologia cardiaca è inoltre supportata dall’osservazione che la delezione del gene per la CgA nei topi provoca lo sviluppo di ipertensione, che può essere riportata a livelli fisiologici trattando gli animali con CST o reintroducendo il gene per la CgA in topi con background Chga-/- (Mahapatra et al., 2005). I livelli plasmatici di CgA aumentano in condizioni di eccessiva stimolazione del sistema simpatico, particolarmente evidente nell’insufficienza cardiaca. Ceconi et al. (2002) e Pieroni et al. (2007), hanno dimostrato che in pazienti affetti da insufficienza cardiaca le concentrazioni plasmatiche di CgA sono aumentate (10-20 nM; 500-1000ng/ml), e strettamente correlate alla severità della patologia. Al momento non sono però disponibili informazioni sugli effetti diretti della CgA intera sul cuore, e sui fattori che regolano la sua produzione e processamento a livello miocardico.Il presente lavoro ha quindi lo scopo di chiarire se, e in che misura, la CgA intera induce effetti diretti sulla performance cardiaca, e la possibilità di un processamento proteolitico intracardiaco stimolo-dipendente della proteina. Utilizzando ratti normotesi (WKY) e ipertesi (SHR), abbiamo valutato i) gli effetti miocardici e coronarici della CgA intera nel cuore di ratto isolato e perfuso secondo metodica Langendorff; ii) il pathway trasduzionale (Akt/NOS/NO/cGMP/PKG) coinvolto nel suo meccanismo d’azione; iii) il processamento intracardiaco della CgA in seguito a stimolazione -adrenergica con ISO. Dal processamento della CgA deriva una serie di peptidi bioattivi; fra questi i peptidi N-terminali VS-1/2, (VS-1 CgA1-76; VS-2 CgA1-113), e il peptide C-terminale CST (CgA352-372), hanno effetti cardioattivi. La CST promuove l’angiogenesi (Theurl et al., 2010), abbassa la pressione sanguigna (Mahapatra et al., 2005; Fung et al., 2010; Gaede and Pilowsky, 2012), riduce la contrattilità cardiaca (Angelone et al., 2008; Mazza et al., 2008; Imbrogno et al., 2010), e incrementa la sensibilità dei barocettori (Gayen et al., 2009a; Gaede and Pilowsky, 2010). Recentemente è stato scoperto un nuovo frammento derivato dalla CgA. A livello della regione C-terminale, altamente conservata, il clivaggio proteico ad opera delle pro-ormone convertasi (PC1/2/3), genera un frammento di 2.9 kDa, la “serpinina” (Ala26Leu), il quale può subire una modificazione all’estremità N-terminale per formare un residuo di piro-glutammato (pGlu23Leu o pGlu-serpinina) (Koshimizu et al., 2011a,b). La presenza di entrambe le forme di serpinina è stata rilevata in colture di cellule di ghiandola pituitaria (AtT20). Questi peptidi sono in grado di inibire la morte cellulare indotta da stress ossidativo (Koshimizu et al., 2011a), e di promuovere la biogenesi dei granuli secretori nelle cellule endocrine regolando l’espressione di un inibitore delle proteasi, la proteasi nexina-1 (PN-1), che previene la degradazione delle proteine dei granuli nell’apparato di Golgi. È stato osservato che i peptidi della serpinina agiscono attraverso il pathway AC/cAMP/PKA (Koshimizu et al., 2011b), suggerendo che il meccanismo eccitatorio indotto dalla serpinina potrebbe controbilanciare gli effetti antiadrenergici e cardioinibitori indotti dalla CST e VS-1. Ad oggi non esistono evidenze sperimentali sul possibile ruolo cardioattivo della serpinina; pertanto nel presente lavoro di tesi è stata valutata la presenza di questo peptide e delle sue forme alternative nel cuore di ratto; è stato inoltre osservato in che modo influenzano la performance miocardica e la vasoattività coronarica. La serpinina e la pGlu-serpinina inducono un effetto positivo dose-dipendente sulla contrazione (inotropismo) del cuore di ratto isolato e perfuso secondo metodica Langendorff e sui muscoli papillari isolati, nonché sul rilassamento (lusitropismo) miocardico. Questi effetti miocardici sono stati accompagnati da una lieve, ma non significativa, vasodilatazione coronarica. Un terzo peptide, la serpinina Ala29Gly, non ha influenzato la performance cardiaca a nessuna delle concentrazioni testate. Sia la serpinina che la pGlu-serpinina sembrano agire attraverso il pathway 1-AR/AC/cAMP/PKA. Questi dati evidenziano le proprietà cardio-circolatorie della serpinina e della pGlu-serpinina, fornendo ulteriori informazioni su come i peptidi CgA derivati possano, controbilanciandosi, regolare finemente l’attività cardiaca in risposta a stimoli -adrenergici.Il quadro clinico dei pazienti affetti da cardiopatie è complicato da un’altra patologia che si accompagna spesso alle cardiopatie, la sindrome metabolica. E’ stato constatato, infatti, che circa il 30% di pazienti con cardiopatia ischemica acuta sono affetti da sindrome metabolica (ad esempio diabete, obesità). Il peptide CgA derivato prancreastatina (CgA250-301, PST) (Tatemoto et al., 1986; O’Connor et al., 2005; Gayen et al., 2009b), svolge diverse funzioni a livello metabolico, in particolare sul metabolismo del glucosio (Tatemoto et al., 1986). Tuttavia non sembra avere effetti a livello cardiovascolare. Studi recenti hanno evidenziato il ruolo della PST e della CST nel regolare la secrezione di insulina mantenendo l’omeostasi fra l’effetto anti-insulina della PST, e gli effetti insulino-sensitizzante della CST. (Gayen et al., 2009b). È stata valutata la possibile azione della CST sul metabolismo lipidico che, come è ben noto, risulta alterato nei soggetti obesi. Le cellule adipose sono regolate dalle catecolamine attraverso quattro tipi di AR: 1, 2, 3 e 2 (Arner, 1999; Arner, 2005). L’attivazione dei recettori -AR, coinvolgento le proteine G stimolatorie, aumenta la produzione di cAMP; questo a sua volta attiva la PKA, la quale fosforila la lipasi ormone sensibile (HSL) causando l’idrolisi dei lipidi. Al contrario, l’attivazione dei recettori 2-AR, accoppiati a proteine G inibitorie, inducono effetti opposti sulla lipolisi (Lafontan et al., 1997; Stich et al., 1999, 2003; Lafontan and Langin, 2009). Pertanto l’azione netta delle catecolamine sulla lipolisi dipende dall’equilibrio fra recettori - e -AR (Arner, 2005). Normalmente l’azione lipolitica indotta dai recettori -AR prevale sull’azione -AR. Una continua stimolazione del sistema nervoso simpatico o un aumento delle catecolamine plasmatiche, è spesso associato alla desensitizzazione dei -AR (Mori et al., 2007). Studi in vivo hanno dimostrato che l’azione lipolitica delle catecolamine è ridotta nei soggetti obesi (Bougneres et al., 1997; Jensen, 1997). Il trattamento ripetuto con epinefrina induce soppressione della lipolisi, basale e indotta da epinefrina, sia in soggetti normopeso che obesi (Townsend et al., 1994). Anche negli studi in vitro la risposta lipolitica indotta dall’epinefrina è diminuita dal pretrattamento con la stessa molecola (Stallknecht et al., 1997). Sulla base di questi dati, è stato ipotizzato che l’aumentata massa adiposa dei topi iperadrenergici Chga-KO (Gayen et al., 2009a) possa rispecchiare la desensitizzazione dovuta all’aumento delle catecolamine circolanti (Mahapatra et al., 2005). I topi Chga-KO mostrano, nonostante gli elevati livelli circolanti di catecolamine e leptina, una notevole adiposità. Le catecolamine inibiscono la secrezione della leptina (Fritsche et al., 1998; Scriba et al., 2000; Couillard et al., 2002); la desensitizzazione del -AR potrebbe prevenire tale effetto, causando un aumento dei livelli di leptina e della massa adiposa, così come mostrato nei topi Chga-KO e in altri modelli sperimentali di obesità. Come osservato nei topi DIO (diet induced obesity), l’aumento di leptina circolante induce la desensitizzazione dei recettori per la leptina, possibile causa del fenotipo obeso dei topi Chga-KO. Sulla base di queste osservazioni, è stato ipotizzato che la CST possa ridurre l’obesità ripristinando la sensibilità dei recettori adrenergici e dei recettori per la leptina attraverso la normalizzazione dei livelli plasmatici di catecolamine e leptina. È stato infatti osservato che il trattamento cronico con CST induce una significativa riduzione della massa adiposa nei topi Chga-KO. Il trattamento con CST ha inoltre determinato una riduzione del peso corporeo e della massa adiposa anche nei topi DIO, senza alterare l’assunzione di cibo. Sia nei topi DIO che nei topi ob/ob, in cui l’obesità è dovuta all’incapacità di produrre leptina, la CST è in grado di incrementare gli effetti della leptina sul metabolismo e sul signaling del tessuto adiposo. Le nostre osservazioni suggeriscono che la riduzione della massa grassa dopo trattamento cronico con CST è dovuta ad un aumento della lipolisi e della mobilizzazione dei lipidi; inoltre sembra che la CST agisca attraverso i recettori 2-AR e i recettori per la leptina. In linea con tali osservazioni, la CST promuove l’ossidazione degli acidi grassi e il signaling della leptina.Item Sistema NOS/NO e condizioni di stress: meccanismi di adattamento cardiaco(2012-11-21) Capria, Carla; Cerra, Maria Carmela; Canonaco, Marcello; Imbrogno, Sandra G. V.Questo lavoro di tesi di dottorato ha analizzato l’influenza di condizioni di stress, quali temperatura e disponibilità di ossigeno, sulla modulazione ossido nitrico sintasi (NOS)/ossido nitrico (NO)‐dipendente della performance cardiaca dei teleostei (Parte 1 e 2). Nell’ultima parte del lavoro, realizzato presso il Dipartimento di Medicina Cardiovascolare dell’Università di Oxford, è stato valutato l’effetto dello stress iperglicemico sulla struttura e funzionalità dell’enzima NOS nei mammiferi (Parte 3). Parte 1. Temperatura e modulazione NO‐dipendente della risposta di Frank‐Starling nel teleosteo Anguilla anguilla La legge di Frank Starling è una proprietà fondamentale del miocardio dei vertebrati che permette al cuore di generare una risposta contrattile adeguata alle variazioni del precarico. È stato dimostrato che nel cuore di anguilla (Anguilla anguilla), l’Ossido nitrico (NO) esercita un effetto rilassante diretto sul miocardio, aumentando la sensibilità del cuore alla risposta di Frank‐Starling. Utilizzando un preparato di cuore isolato e perfuso come modello sperimentale, il presente studio ha analizzato la relazione tra modulazione NO‐dipendente della risposta di Frank‐Starling e variazioni di temperatura. I risultati ottenuti hanno dimostrato che nei pesci acclimatati a varie temperature (animali primaverili perfusi a 20°C e animali invernali perfusi a 10°C) l’inibizione della Ossido Nitrico Sintasi (NOS), e quindi della produzione di NO, mediante trattamento con L‐NIO ha ridotto la risposta di Starling, mentre in condizioni di shock termico (animali primaverili perfusi a 10 e 15°C e animali invernali perfusi a 15 e 20°C) il trattamento con L‐NIO non ha esercitato alcun effetto. Le analisi di Western Blotting hanno evidenziato una riduzione dell’espressione di p‐eNOS e p‐Akt in campioni sottoposti a shock termico. Inoltre, in condizioni di acuti aumenti di temperatura, è stato osservato un incremento dell’espressione proteica di Hsp90. Nel complesso, i risultati suggeriscono che la modulazione NOS/NO dipendente della risposta di Starling nel cuore dei pesci è sensibile allo stress termico. Parte 2. Sistema NOS/NO e resistenza all’ipossia: il cuore di goldfish come modello sperimentale Il goldfish (Carassius auratus) è un teleosteo noto per la sua capacità di tollerare prolungati e severi stati ipossici, ed è pertanto considerato un prezioso modello sperimentale per lo studio dei meccanismi che permettono la sopravvivenza ed il mantenimento della funzionalità cardiaca in condizioni in cui la disponibilità di O2 rappresenta un fattore limitante. Il presente lavoro ha permesso la caratterizzazione morfo‐funzionale del cuore di goldfish ed ha fornito le basi per l’analisi del ruolo dello NO sia come modulatore della performance cardiaca basale che come fattore coinvolto nei meccanismi di tolleranza a condizioni di ipossia. Oltre alle classiche 4 camere cardiache, ovvero seno venoso, atrio, ventricolo e bulbo arterioso, sono state identificate altre due strutture, corrispondenti alla regione atrio‐ventricolare (AV) e al cono arterioso. L’atrio è molto ampio ed altamente trabecolato; il ventricolo appare costituito da una parte esterna di miocardio compatto, vascolarizzato da vasi coronarici, ed una interna di miocardio spugnoso; la parete bulbare è caratterizzata da un elevato rapporto elastina/collagene, che ne aumenta la compliance. Gli esperimenti di immunolocalizzazione hanno evidenziato la presenza dell’isoforma endoteliale attiva della NOS (p‐eNOS) a livello dell’endotelio coronarico ed, in minor misura, nei miocardiociti e nell’endotelio vascolare. L’utilizzo di preparati di cuore isolato e perfuso, ha permesso la caratterizzazione funzionale del cuore di goldfish sia in condizioni basali che in risposta ad incrementi di precarico. I cuori sono risultati estremamente sensibili ad incrementi della pressione di riempimento, raggiungendo il massimo valore di SV (SV=1.08±0.09 mL/kg peso corporeo) a 0.4 kPa. In condizioni ipossiche, tale sensibilità è risultata ancora maggiore; i preparati hanno infatti raggiunto il massimo valore di SV (SV=1.5±0.2 mL/kg peso corporeo) a valori di pressione di riempimento minori (0.25 kPa). Variazioni della pressione di postcarico ne hanno invece compromesso la funzionalità. Tali caratteristiche morfo‐funzionali ci permettono di definire il comportamento del cuore di goldfish come pompa di volume. In condizioni basali, il trattamento con L‐NMMA (inibitore della NOS) ha esercitato un effetto inotropo positivo sia in normossia che in ipossia, mentre il trattamento con nitrito ha indotto un effetto inotropo negativo in condizioni normossiche ed un effetto inotropo positivo in condizioni ipossiche. In risposta agli incrementi di precarico, il trattamento con L‐NMMA ha significativamente ridotto la curva di Starling in normossia, mentre non ha esercitato alcun effetto in ipossia; al contrario, il nitrito non ha modificato la risposta di Starling in condizioni normossiche, mentre ha ridotto tale risposta in condizioni ipossiche, riportandola ai valori di controllo ottenuti in normossia. Questi risultati hanno evidenziato un ruolo del sistema NOS/NO nella modulazione della performance cardiaca sia basale che fisicamente stimolata, ed una sensibilità dei meccanismi di regolazione NOS/NO‐dipendenti a variazioni della concentrazione di ossigeno. Parte 3. NOS e stress iperglicemico: ruolo della BH4 sulla struttura e funzionalità dell’enzima La NOS, principale sorgente di NO in condizioni fisiologiche, è sintetizzata in forma monomerica, ma esplica le sue funzioni solo dopo formazione dell’omodimero attivo. Il corretto funzionamento della struttura dimerica richiede la presenza di una serie di cofattori, il più importante dei quali è la 5,6,7,8‐tetraidrobiopterina (BH4), responsabile della stabilizzazione del dimero. In assenza di tale cofattore infatti l’enzima produce anione superossido e non NO. La BH4 è sintetizzata in vivo attraverso un pathway il cui enzima limitante è la GTP Ciclo Idrolasi (GCH). Una riduzione della disponibilità di BH4 è stata associata alla disfunzione vascolare correlata a varie patologie con implicazioni a livello cardiovascolare, tra cui il diabete. In questo contesto, utilizzando modelli di topi mGCH‐Tg è stato analizzato il ruolo della BH4 nel disaccoppiamento dell’enzima NOS associato a stress iperglicemico. La caratterizzazione del fenotipo di questo modello sperimentale ha evidenziato una over‐espressione, miocardio specifica, dell’enzima GCH, ed un aumento delle concentrazioni di BH4 e dei suoi prodotti ossidati in tessuto ventricolare di topi mGCH‐Tg rispetto ai topi WT. Inoltre, la produzione di superossido è risultata significativamente ridotta rispetto ai topi di controllo, confermando l’ipotesi che la BH4 riveste un ruolo fondamentale nella stabilizzazione della forma dimerica dell’enzima NOS. L’induzione del diabete di tipo 1 non ha modificato tali risultati. La concentrazione di BH4 e dei suoi prodotti ossidati, così come la produzione di superossido, non sono risultate infatti modificate in condizioni di iperglicemia, supportando l’ipotesi che un aumento della disponibilità di BH4 favorisce l’accoppiamento dell’enzima NOS anche in condizioni di stress iperglicemico. Nel complesso, i nostri dati suggeriscono un ruolo protettivo della BH4 nei meccanismi di stress ossidativo associati alla condizione diabetica. Nell’insieme, i dati ottenuti suggeriscono che nel cuore dei vertebrati il sistema NOS/NO rappresenta un punto nodale su cui convergono segnali attivati da condizioni di stress (ad esempio, variazioni di temperatura, stress ipossico ed iperglicemico), e da cui si dipartono cascate trasduzionali fondamentali per il mantenimento dell’omeostasi cardiaca in talicondizioni.Item Gene expression patterns and stress response in the copepod Calanus helgolandicus(2011) Lauritano, Chiara; Cerra, Maria Carmela; Branno, Margherita; Ianora, Adrianna; Procaccini, GabrieleDiatoms and dinoflagellates are dominant photosynthetic organisms in the world‟s oceans and are considered essential in the transfer of energy through marine food chains. However, these unicellular organisms produce secondary metabolites such as products deriving from the oxidation of fatty acids collectively termed oxylipins (including polyunsaturated aldehydes or PUAs; by diatoms) or potent neurotoxins (brevetoxins; by dinoflagellates). It is often assumed that harmful algae toxins are grazing deterrents to discourage zooplankton grazers from eating these algae. Some laboratory studies have suggested that some toxic algae are either not eaten by various grazers or that grazers ingesting toxic algae suffer adverse effects such as reduced feeding rates, diminished reproductive success, behavioral modification or increased mortality (Cohen et al., 2007, Kubanek et al., 2007; Prince et al., 2006). The aim of this thesis was to study in the copepod Calanus helgolandicus the effects of toxic diets at the molecular level. Expression level analyses by the sensible technique reverse transcription-quantitative polymerase chain reaction (RT-qPCR) allowed the study of specific genes of interest (GOI) which are known to have a primary role in generic stress responses, defense systems (e.g. aldehyde, free fatty acid and free radical detoxification) or apoptosis regulation in other organisms, from humans to marine organisms (Bouraoui, et al., 2009; Einsporn, et al., 2009; Hasselberg, et al., 2004; Kim, et al., 2008; Olsvik, et al., 2009; Salazar-Medina, et al., 2010; Snyder, 2000; Vasiliou, et al., 2004; Wan, et al., 2011). The GOI analyzed were two heat shock proteins (HSP70 and HSP40), six Aldehyde dehydrogenases (ALDH2, ALDH3, ALDH6, ALDH7, ALDH8, ALDH9), Cytochrome P450-4 (CYP4), Catalase (CAT), Superoxide Dismutase (SOD), Glutathione S-Transferase (GST), Glutathione Synthase (GSH-S), Inhibitor of Apoptosis Protein (IAP), Cell Cycle and Apoptosis Regulatory 1Protein (CARP), Cellular Apoptosis Susceptibility Protein (CAS), actin (ACT) and Alpha and Beta tubulins (ATUB and BTUB). These GOI were analyzed in various experimental conditions: copepods exposed to algae which produce or do not produce toxic metabolites, including dinoflagellates (Prorocentrum minimum, Rhodomonas baltica or Karenia brevis) and diatoms (Chaetoceros socialis and Skeletonema marinoi), during field or laboratory experiments. In addition, the effect of the oxylipin producing diatom Skeletonema marinoi has been tested on two different C. helgolandicus populations: the Mediterranean population collected in the Adriatic Sea and the Atlantic population collected in the English Channel. According to the results obtained, expression levels of the specific GOI changed depending on the tested algae, times of exposure, copepod population analyzed and field/laboratory experiments. Gene expression level patterns in the different experimental conditions tested may help to understand the copepod response to stressful conditions. The identification of new genes, for example using cDNA libraries or new generation sequencing, and the application of new tools, such as functional proteomic approaches, may allow for a more comprehensive overview of how copepods respond to specific stressors in the laboratory, but also to predict the response under natural environmental conditions and the effects of these responses on higher trophic levels.Item Ecologia e biologia riproduttiva in una popolazione alloctona di Trachemys scripta elegans in Calabria(2012-12-14) Crescente, Antonio; Cerra, Maria Carmela; Tripepi, SandroThis research was carried out from 2009 to 2011 in the Lake of Angitola on the reproductive biology of the slider turtle Trachemys scripta elegans, an alien species that in this site has been naturalized since the 1980’s. According to the International Union for Conservation of Nature (IUCN), invasive species are one of the most important causes of biodiversity decline on a global scale. As a consequence, the impact of introduced species on local ecosystems is important to evaluate. Pet voluntary introductions are done by private people and usually concern only the release of a few individuals. However, the number of releases is as numerous as the number of pet owners that don't want to keep their pet anymore and consequently decide to "release" it. Although only a small percentage of these alien species will become invasive, the environmental impact would be insidious and often irreversible. In fact on a global scale alien species may be as damaging to native species and ecosystems as the loss and degradation of habitats. We can describe 3 steps in the biological invasions processes, comprising the initial dispersal, when an organism moves long distances to areas outside its native range, for example through human assisted dispersal; establishment of self-sustaining populations within the non-native range; and invasion of the new range. However, when species are invasive, they have strongly positive demographic trends and are often numerous, therefore their management can be extremely difficult and expensive. Our experimental model was Trachemys scripta elegans, the most popular freshwater turtle in the pet trade in the world. It is a medium to large-sized turtle as females reach a carapace length of up to 24 cm and males up to 20 cm. This reptile lives in a wide variety of freshwater habitats and it is a habitat generalist. It prefers larg pools and ponds with soft bottoms, and with many aquatic plants and suitable basking sites for thermoregulation. Trachemys scripta elegans is an opportunistic omnivore subsisting on a wide variety of plant and animal foods. The food preferences change with age. Juveniles are highly carnivorous. Instead the adults, mainly eat vegetable food. In the late 1970s a several turtle farms were established in southern USA, where the hatchlings are packed, in hundreds in small boxes, and are shipped abroad. At least 80% of them die during the first year in captivity. If released terrapins survive in nature, they pose a threat to local wildlife. Only in 1996 the total exports of Trachemys scripta elegans from USA were 8 million individuals, of which 3 million individuals were imported by Europe. With effect from 1997 the EU implemented a ban on the import of this species, in fact already in 1975 the U.S. Food and Drug Administration banned the sale of turtles under 10 cm carapace length in the United States and Canada because they transmitted human salmonellosis. Trachemys scripta elegans distribution includes eastern USA, in particular the Mississipi valley from Illinois to the Gulf of Mexico. It now has a far greater distribution area that include a lot of countries in America, Europe and Asia, where it has naturalized in some cases. Trachemys scripta elegans released in seminatural conditions were first recorded in Campobasso in the early 1970s, but sightings only becoming more common in the mid-80s. It is presently known in all of Italy except for Valle d’Aosta, Sardinia and Campania. Reproduction is common in captivity, but little is known about its reproduction in nature. Some authors suggest that naturalization wouldn’t be a serious problem, but it is known that this species is certainly able to reproduce in Friuli Venezia Giulia, Latium, Emilia Romagna and in Calabria. This research was aimed to investigate reproductive biology of Trachemys scripta elegans in order: • to evaluate if reproduction is an effective phenomenon that could interest the study area; • to estimate the reproductive success in natural condition; • to determine preferences of Trachemys scripta elegans in the nest site selection; • to define the step of the invasion process of slider turtle in the Lake of Angitola, in order to suggest conservation measures. The research was conducted at Lake of Angitola, a 196 ha artificial lake located about 5 km from Pizzo Calabro. The lake became a WWF oasis in 1975, and ten years later was declared an International Ramsar area due to the large presence of migratory birds. Today the lake is included in the Regional Park of Serre and in 2005 the area was proposed as a Site of Community Importance (SIC) by ministerial decree. The climate is typically Mediterranean; the vegetation is very varied: the shrub layer is formed by aromatic herbs; the arboreal layer includes a forests of genus Quercus . The animal communities are very interesting, especially the bird population; in fact we can see more than 150 different species per year. The study was conducted from three years, and included 3 monitors per month, in particular from April to October, when the turtles were more active. The lake’s shores were divided into eight transects using environmental criteria. Data collection were sampling focused on visual census observations, on the nesting sites research and on trapping. Also to analyze the nest site selection we divided the whole lake perimeter by differing vegetative covers and differing soil types to study the use of these selected environments by nesting females. Vegetative cover was classified by five categories by a buffer of 50 m, and including shrub land, grass, fruit growing and reforestation; mixed category was used in cases where no one coverage was present in more than 75% of the subdivisions. Soil type was classified by using the methodology of Casanova (1991), yielding three main categories of dirt, sand and clay substrates and the possible combination of them. Collected variables used in this research were tested with InStat 3.0 software; in particular we used Chi-square goodness of fit, Kruskal-Wallis and Spearman Rank Correlation tests. The results of the visual census showed that Cavalcavia was the preferred basking area for Trachemys thermoregulation. In fact, in this area was observed the highest percentage of turtle presence that performed basking on the emerged deadwood. The heterogeneity χ² test, that was used to compare number of observation and the areas, was statistically significant (N=2015; χ²=893,03; d.f.=5; P‹0,0001). Monthly monitoring activities of basking showed an increasing of turtle presence from April to July, and it is possible to observe a subsequent decreasing of basking activities from August to October. During the research we found 229 nests. The greatest distance of a nest from the shoreline was 100 m, but the greatest number of nests was found between 0 and 20 m from the shoreline. Kruskal-Wallis non-parametric test association between number of eggs and months of the year was statistically significant (KW=14,318; P=0,0137). “Movrella” and “Ceramida” were the main nesting areas; in these transects there are a lot of emerged spaces that female turtles can use for nesting activities. The correlation between the number of eggs and the depth of the nest was statistically extremely significant (N=229; r=0,2105; P<0,0001). More than 85% of nests were found in mixed soil type habitats, particurarly in dirt-sand and dirt-clay soil types. Chi squared test between number of nests and soil type categories was statistically significant (N=229; χ²=116,22; d.f.=3; P<0,0001). More than 65% of nests were found in environments with mixed vegetative cover (Grass+Shrubland). Chi squared test associations between number of nests and the 4 vegetative cover types were statistically significant (N=229; χ²=116,22; d.f.=3; P‹0,0001). We collected by trapping, and marked 26 specimens and in particular 6 juveniles; the more effective trapping method was represented by “basking trap”, that we used on the water surface. In Europe reproduction under natural conditions has been reported only for Spain and France. As we said before, little is known about Trachemys scripta elegans reproduction out of captivity in Italy, but in 2002 Ficetola recorded the first reproduction case of Trachemys scripta elegans on the Po Delta on sympatric condition with an Emys orbicularis population. The population of Angitola represents one of the largest reproductive population of Europe and the most important for our country. In Italy Trachemys scripta elegans deposition in seminatural conditions takes place once a year at the end of June. We recorded for the first time that in our study area deposition takes place twice a year, as reported for the American populations: we think that the first event in April-May, with hatching in June and July, and the second event in July- August, with hatching in September-October. Some tropical Trachemys species tend to nest in open areas that receive direct sunlight for at least part of each day. Analysis of the use of vegetative cover in our study area revealed that Trachemys scripta elegans nests were not randomly distributed within the general area used for nesting, and it suggesting that females were actively selecting nesting sites. In fact the largest number of nests around the lake was found in areas with mixed vegetative cover, as reported for Trachemys callirostris in Colombia. Mixed vegetative cover might reduce thermal stress to the nesting females, as well as lower the detectability of nests to natural predators and human hunters. It has been reported that Trachemys nesting females prefer only dirt soil, but in our study area the largest number of nests in our study area were found in habitat with mixed soil type categories, these zones were characterized by heterogeneous granulometry that increase the ventilation of the nest and the humidity degree for hatching success. We investigated experimentally the occupation of basking sites thus providing a better knowledge on this behavioral pattern. During thermoregulation turtles of lake Angitola mainly bask along the emergent deadwood. Floating (thermoregulation on the water surface) is showed especially during the summer season. This population performs basking from April to October at different times of the day: for example during the cooler months the time of sunlight exposure increases and the basking behavior occurs during the hottest hours of the day. These results are also important for further evaluations on competition for occupation of basking places between this allocthonous specie and Emys orbicularis, our endangered European pond turtle. In fact as reported in literature that Trachemys scripta elegans requires less exposure time for thermoregulation than Emys orbicularis, and for this reason American slider turtle is the winning species in competition for basking sites in sympatric conditions. The invasion process of the Trachemys population inhabiting the lake of Angitola is at the second step, in fact we are in front of a self-sustaining and growing population. Moreover the local population of Emys orbicularis, historically present in the lake until the early 2000's, nowadays is probably extinct. In conclusion it is very important to complete echo-ethological investigations for better understanding the biology and ecology of this invader, and to provide a monitoring and controlling plans, and to define translocation and eradication plans, but this operations could be extremely difficult and more expansive. The results of this research were objects of a scientific paper and of same participation for congresses. Two more papers are in preparation.Item Angiotensin II and mechanisms of oxidative damage in HUVECs(2011-12-14) Carino, Annarita; Cerra, Maria Carmela; Martino, GuglielmoThe endothelium is essential for the maintenance of vascular homeostasis. Central to this role is the production of endothelium – derived nitric oxide (EDNO), synthesized by endothelial isoform of nitric oxide synthase (eNOS). Endothelial dysfunction, manifested as impaired EDNO bioactivity, is an important early event in the development of various vascular disease, including hypertension, diabetes, genesis of tumors and atherosclerosis. Endothelial dysfunction is an early feature of atherosclerosis vascular disease, characterized by a decrease in nitric oxide (NO) bioavailability and a concomitant increase in vascular superoxide (O2 . -) formation. Loss of NO bioavailability precedes the development of overt atherosclerosis and is an independent predictor of adverse cardiovascular events. Indeed, decreased NO and enhanced production of reactive oxygen species (ROS) have been recognized as major determinants of age-associated endothelial dysfunction. The degree of impairment of EDNO bioactivity is a determinant of future vascular complications. Accordingly, growing interest exists in the pathologic mechanism involved. However it is clear that immunologic mechanisms operating in the context of common cardiovascular risk factors lead to impaired endothelial function, mainly as a consequence of decreased NO bioavailability and excessive oxidative stress. The work submitted in this thesis describes on one side studies aimed to investigate cellular mechanisms underlying endothelial dysfunction and vascular damages driven by oxidative stress in the context of aging, hypertension and atherosclerosis using in vitro models. In addition, we desired to evaluate the efficacy of reducing agents such as flavonoid to monitor whether they actually have an action to recover from the cellular oxidative damage by these natural compounds and how real is their action at the level of microcirculation in vitro models. On the other side, we present studies focused on the pathophysiology of microcirculation as far as functional aspects are concerned in the context to better understand the functioning of the Renin- Angiotensin-System in particular if the Angiotensin IV is involved in mechanisms of oxidative stress and in Calcium intracellular levels.Item Effetti dell’esposizione a breve termine a nonilfenolo etossilato sul fegato e sull’epidermide del Tritone italiano Lissotriton italicus(2011) Biasone, Patrizia; Cerra, Maria Carmela; Tripepi, Sandro; Brunelli, ElviraItem Identificazione di C-Numb come marcatore dell'ematopoiesi di Ciona intestinalis(2010) Russo, Nicola Antonino; Cerra, Maria Carmela; De Santis, RosariaIn Metazoa the maintenance of individuality and the defense against pathogens is devolved to the molecular mechanisms of the innate immunity. Adaptive immunity complements innate immunity in gnathostome vertebrates, thus indicating an increase of specialization of the defense mechanisms in the course of evolution. The Urochordate Ciona intestinalis, as the other invertebrates, does not have a gnathostome-type adaptive immune system, but, for its phylogenetic position, represents an excellent model for a comparative study of the elements and of the possible evolutionary pathways that led to the assembly of the adaptive system. As in other organisms, also in Ciona the blood cells have fundamental roles in immune defense, such as phagocytosis, encapsulation and release of substances with proinflammatory activity and in this context the understanding of their nature and function is fundamental. Despite the data collected in the last decades, many issues about blood cells in Ciona, as in other tunicates, remain still open. In particular, essential information about their embryonic and adult origin, their differentiation and even their precise classification, is still scanty, thus leaving the problem of blood cells genesis and homeostasis, also during immune reaction, unsolved. The project is aimed to the study of genes directly involved in hemocyte differentiation that may represent possible markers for the identification of hematopoietic sites. To this aim, genes that are involved in hematopoiesis in other organisms, such as Bmi, Ikaros, PU.1, Numb and GATA-a have been identified, sequenced, and characterized using PCR, in situ hybridization and immunochemistry during the post metamorphic stages and in the 4 adult tissues of C. intestinalis. Among these genes the C. intestinalis homolog of the Numb gene, involved in asymmetric cell division in mammals, has been identified as a possible marker for the study of hematopoiesis. The study of Ci-Numb provides preliminary information that helps in the understanding of hematopoietic processes of both the post-metamorphic and adult animal, and points out some previously undescribed aspects of the pharynx structure. In fact, the expression data produced at post-metamorphic stages and in the adult indicate that both the Ci-Numb transcripts and the protein are present in discrete regions of the animal body. These overlap with sites of proliferative activity and, more interestingly, with some of the regions previously indicated as hematopoietic. The morphological study at ultrastructural level of the tissues expressing Ci-Numb, in the juvenile as also in the adult, has allowed a more detailed characterization of the cell types that populate the hematopoietic sites. Morphological analysis of the structures of the adult pharynx, and of the stigmata in particular, show that the hematopoietic areas, described as compact groups of cells adjacent to the pharynx epithelium, correspond to the some cells that form the structure of the stigmas. This leads to a reassessment of the data that refer to the hematopoietic sites as “nodules” in the body wall adjacent to the muscle. The electron microscopy observations carried out in the juveniles demonstrate for the first time the genesis of the stigma. In conclusion, Ci-Numb can be considered a good marker of early hematopoiesis and may represent a baseline for further observations.